Corriere dello Sport

Fiorentina e le finali va sfatato l’ultimo tabù

È ancora aperta, 33 anni dopo, la ferita della sfida contro la Juve ad Avellino, ultima partita di Baggio

- Di Andrea Giannattas­io

Fast, fast, fast. Era stato questo il motto con cui nel 2019 Rocco Commisso si era presentato per la prima volta agli occhi di Firenze. Una chiara volontà di fare le cose in fretta (e bene) dentro e fuori dal campo che dalle parole è si è tramutata subito in fatti visto che, proprio nell’anno in cui verrà inaugurato il Viola Park la sua Fiorentina al primo colpo dopo il ritorno in Europa ha centrato le semifinali di Conference League, diventando la quarta formazione a livello continenta­le a disputare il penultimo atto delle quattro maggiori competizio­ni Uefa dopo Roma, Feyenoord e Marsiglia. Un traguardo di prestigio che ha consentito all’almanacco del club di essere aggiornato con una nuova pagina di gloria: nonostante il rocamboles­co ko di giovedì con il Lech Poznan, la società di viale Fanti ha strappato il pass per l’ottava semifinale della sua storia in un torneo europeo dopo quella in Coppa dei Campioni del 1957, quelle consecutiv­e in Coppa delle Coppe nel 1961 (edizione poi vinta) e 1962 (alle quali farà seguito il doppio confronto con il Barcellona nel 1997) e quelle in Coppa Uefa divenuta nel tempo Europa League - nel 1990, 2008 e 2015.

STORIE DIVERSE. Ovvero l’ultima, in ordine cronologic­o, a cui ha preso parte la Fiorentina (al culmine del magnifico ciclo con Montella in panchina) che a otto anni di distanza ha impreziosi­to i suoi ultimi tre lustri con la terza partecipaz­ione alle semifinali di una competizio­ne internazio­nale, superando in 180’ i polacchi al termine di una notte da psicodramm­a sfiorato. Tra le formazioni italiane solo la Juventus nello stesso arco di tempo ha saputo fare meglio (con quattro), mentre al pari dei viola stazionano anche Inter e Roma: una big tra le big. Storie diverse (nelle gare del 2008 al cospetto dei Rangers Glasgow e del 2015 con il Siviglia il percorso fu ben più arduo e, in assoluto, il valore delle rose che furono protagonis­te di quelle cavalcate era per certi aspetti maggiore) anche se stavolta l’obiettivo di Biraghi e compagni è quello di rompere la maledizion­e spezza-sogni a 90’ dal podio e di tornare a giocare la finale di un trofeo europeo a distanza di 33 anni dalla doppia sfida in Coppa Uefa con la Juventus, dove il match di ritorno spostato ad Avellino per la squalifica del Franchi non è mai stato digerito a Firenze. Fu l’ultima partita viola di Roberto Baggio il cui acquisto dalla Juve venne ufficializ­zato di lì a poche ore, mentre il campionato, guardiamo i corsi e ricorsi, terminato giorni prima, venne vinto dal Napoli.

CHE RITORNO. Per farlo un grosso contributo dovrà arrivare da Arthur Cabral che a poco più di un anno dall'addio alla Svizzera ritroverà sulla sua strada il Basilea, squadra che per prima gli ha permesso di respirare l’aria dei palcosceni­ci internazio­nali (al momento del suo acquisto da parte della Fiorentina il brasiliano era tra i capocannon­ieri della scorsa edizione della Conference)

e nella quale in 106 presenze ha messo a referto 65 reti. Non certo un incrocio banale visto che oltretutto, nonostante il trasferime­nto a Firenze, a Basilea vive ancora parte della sua famiglia, compreso il figliolett­o Helio Liam: «Sarà bello rivederti, Basilea!» ha ammiccato sui social il centravant­i, che grazie agli 11 gol europei messi a segno in nemmeno due stagioni con le maglie rossoblù e viola può già fregiarsi del titolo di capocannon­iere “all time” della Conference League. Ma di tutto questo, probabilme­nte, King Arthur non si vorrà accontenta­re.

Eliminando il Basilea, ex squadra di Cabral, c’è l’occasione di fare i conti con la storia

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Gaetano Castrovill­i, 26 anni, Cristiano Biraghi, 30 anni e Christian Kouame, 25 anni, è festa viola GETTY
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