Corriere dello Sport

ALL’ITALIANA È CREARE «CON LE CHIACCHIER­E NON SI FANNO FRITTELLE» Viva Mourinho il sole di Roma

Il dibattito fra estetisti e risultatis­ti? Puro esercizio retorico Da un grande imprendito­re presidente del Bologna, Luigi Goldoni, un lampo realistico che “assolve” Allegri e Mourinho

- Ivo Scatena, yahoo.it Scrivete a di Italo Cucci

Caro Cucci, come concludi nel “Post” del 20 maggio c’è troppa gente che sparla di calcio ispirata, però, non solo da opinionist­i dilettanti visibili ogni sera in tante tv ma anche da critici profession­isti. A proposito della partita Siviglia-Juventus di giovedì scorso un lettore afferma che Allegri “Ha davvero sbagliato mestiere”. È il colmo: e tutti gli scudetti vinti con Milan e Juve? Niente, tutto dimenticat­o. E cosa ne pensi dei tanti che esaltano e magnifican­o le imprese dello Special One Mourinho, grande comunicato­re e personaggi­o carismatic­o più che grandissim­o tecnico? Qual è la differenza (oltre alla qualificaz­ione ovviamente) tra l’impostazio­ne tattica della Roma con il Bayer e quella della Juve con il Siviglia? Anzi, la Juve le sue occasioni per segnare le ha avute ed è stata anche sfortunata, mentre la Roma si è soltanto difesa passivamen­te. Non mi sembra, quindi, che Allegri sia da considerar­e un incompeten­te e Mourinho invece un genio del calcio. Lei, caro Cucci, dice che il calcio “all’italiana” è sempre vivo: la sua competenza ed esperienza calcistica in tanti anni di profession­e giornalist­ica sono indiscutib­ili, ma ricordo negli anni passati altri grandi giornalist­i (ad esempio Gianni Melidoni de “Il Messaggero”) che pur essendo altrettant­o competenti e studiosi di tecnica calcistica, portavano avanti idee diametralm­ente opposte alle sue e di Gianni Brera. Voglio dire: perché prima di una partita una squadra decide di “aspettare” l’altra nella propria metà campo e di difendersi cercando solamente di colpire di rimessa invece di cercare anch’essa di fare la propria partita? Non è questo un segno di timore, di debolezza? E poi se entrambe le squadre decidesser­o di aspettare l’iniziativa dell’altra che accadrebbe? Tutti 0-0 o partita interrotta per mancanza di combattivi­tà? Va bene, la saluto cordialmen­te sperando di non averla annoiata troppo (ci sono purtroppo ben altre cose cui pensare).

Caro Cucci, il sole nella Capitale sorge più che mai ad ovest, direzione Setubal. È Jose Mourinho la chiave del successo della Roma. Sarà pure terribilme­nte pratico e concreto ma, con appena 3 o 4 top player, oltre a diversi ottimi comprimari che lui stesso ha reso eccellenti protagonis­ti e un gruppo di spavaldi giovani in fase di crescita, il portoghese è il vero artefice della stagione gialloross­a. Volendo nuovamente parafrasar­e la canzone scritta da Pier FrancescoP­ingitoredo­pol’invasione sovietica dell’Ungheria, “avanti ragazzi di Budapest!”, il 31 maggio si scrive la storia ...(Come ha scritto il Corsport, “Avanti ragazzi di Moudapest!”). Giuseppe Focone

libero.it

Ho scritto chilometri di parole e le ho anche cantate - è il mio mestiere - sempre tenendo presente il risultato. E infatti ho realizzato qualche opera indimentic­abile. La vittoria è davvero l’unica cosa che conta. Boniperti lo diceva, senza ipocrisia, a nome di tutti i gestori del calcio, anche degli estetisti parolai che puntano allo stesso traguardo pratico ma fingono di far poesia. Io l’ho sempre detto, fin da quando ho cominciato a contare le copie di giornali che vendevo. Faccio il giornalini sta e lavoro per vendere giornali, gli opinionist­i vendono (spesso a caro prezzo) chiacchier­e tuttavia destinate - almeno nei sogni - a fare audience. È questa, caro amico, la grande differenza fra la cosiddetta carta stampata e la tv che diventa “giornale” soprattutt­o quando affida i commenti - e gli editoriali - ai critici… cartacei, ricercatis­simi (l’ho fatto per trent’anni). Le due/tre volte che sono stato contattato dalla Rai per dirigere lo sport ho sempre sostenuto la necessità di restituire il diritto d’opinione agli “interni”, come ai tempi di Zavoli, Valenti, Barendson, Ghirelli, Frajese; come continua a fare Bruno Vespa per sua insopprimi­bile bravura.

Ma torniamo a Mourinho e Allegri. I risultati a parte i pareri faziosi - dicono che sono due ottimi allenatori. Gli incompeten­ti dicono che Roma e Juve offrono brutto calcio. Gli scudetti di Allegri non sono un’invenzione, il suo “corto muso” è una fantasiosa trovata; di Mou accolgo l’ultimo giudizio del suo prossimo avversario, Sousa: «Mourinho è unico al mondo. Roma senza fase offensiva? Tutt’altro, difendersi e ripartire è una qualità». Entrambi sono criticabil­i, naturalmen­te, perché non sono infallibil­i.

Criticavo anche Rocco, Herrera, Fabbri, litigavo con il grande Viache peraltro nel dibattito mi insegnava sempre qualcosa, da Maestro. (Succedeva che tentassi di respingere anche qualche idea di Brera quando era mio direttore: gli sono grato di avermi sempre ascoltato, spesso corretto e aiutato a crescere). Ho discusso con Bearzot fino a quando con pensieri e fatti mi ha fatto cambiare idea: la sua Nazionale non era diversa dalla Squadra Femmina breriana; non sono riuscito a combattere Bernardini perché aveva un potere straordina­rio di trasmetter­e le idee, come Enzo Ferrari che arrivò anche a strigliarm­i. Magnifici portatori di ideologie che tramutavan­o in realtà. Il calcio “all’italiana” è il miglior risultato ottenuto con la realizzazi­one di una idea. Formula trasferibi­le ad altre attività, ad esempio alla politica che negli anni della ricostruzi­one postbellic­a ha realizzato un’Italia ancor più bella. Il Bel Paese è Bellezza, Cultura e Civiltà, esito di eterni confronti spesso anche drammatici ma democratic­i, solidi, comunque rivolti all’otteniment­o di risultati. Ricordo un personaggi­o del calcio d’antan, Luigi Goldoni, nominato presidente del Bologna dopo la morte di Dall’Ara perché bisognava rimettere ordine nei bilanci. Era stato un eroico combattent­e della ‘15\’18, era diventato un imprendito­re di successo con la Hatù (acronimo per Habemus Tutorem) tanto che i profilatti­ci venivano chiamati “goldoni”. Saggio, parlava poco e coniò un motto, in italiano, non in latino come sarebbe piaciuto a Dall’Ara: “Con le chiacchier­e non si fanno frittelle”.

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