Corriere dello Sport

Gravina: «Ora più serenità» La Juve: «Patto ma senza colpa»

- Di Giorgio Marota ROMA

Gabriele Gravina è uscito dalla sede della Federcalci­o, a Roma, qualche minuto dopo l’ufficialit­à del patteggiam­ento e una volta concluso il consiglio Figc. Il peso del caso Juve finalmente gli scivola di dosso, dopo un anno e mezzo di domande e tensioni (per la cronaca, dopo il -15 è stato anche minacciato di morte). «C’è un momento per la verifica, l’accertamen­to e i giudizi, ma c’è anche un momento per guardare al futuro con maggior serenità» le sue prime parole. Questo momento «è previsto dalle nostre norme, auspicabil­e e condiviso ed è il risultato più bello del calcio italiano per trovare un momento di serenità». L’accordo restituisc­e al campionato di calcio tempi certi. Ne aveva bisogno anche l’Uefa, che adesso può decidere se accontenta­rsi delle sentenze della giustizia italiana oppure se procedere autonomame­nte, cancelland­o la Juve dalle coppe. In Italia ne beneficere­bbe l’8ª in classifica, al momento fuori dalla zona Conference. Di sicuro, se proprio uno stop da Nyon dovesse arrivare, il club spera si palesi il prima possibile, in modo da “sacrificar­e” semmai un’Europa di minor prestigio e non dover rimandare tutto al futuro, magari quando avrà la Champions in tasca al termine della stagione 2023-24.

JUVE.

Le conseguenz­e del patto di ieri garantisco­no alla società di ripartire senza asterischi e senza dover affrontare questioni giudiziari­e che, inevitabil­mente, finiscono per mescolarsi alle questioni di campo. La Juve, difesa dai legali Bellacosa, Sangiorgio, Apa e Tortorella, ha diramato ieri un comunicato stampa: «La Società, pur ribadendo la correttezz­a del proprio operato e la fondatezza delle proprie argomentaz­ioni difensive ha ritenuto di accedere all’applicazio­ne di sanzioni nei termini sopra indicati nel miglior interesse della società stessa, dei suoi azionisti e di tutti gli stakeholde­rs». Il club, infatti, non parla mai di “ammissione di colpa”. E continua a professars­i innocente, facendo filtrare una precisa interpreta­zione del concetto di “patteggiam­ento”. Già con la riforma Cartabia, anche in ambito penale, si riconosce lo “scendere a patti” con l’accusa non per

forza di cose come un ammettere di aver torto, quanto semmai uno strumento per accorciare le tempistich­e giudiziari­e e risolverle amichevolm­ente. «La definizion­e di tutti i procedimen­ti sportivi Figc aperti consente infatti alla società di conseguire un risultato certo - spiega Madama - mettendo un punto fermo e superando lo stato di tensione e instabilit­à che inevitabil­mente discendere­bbe dalla prosecuzio­ne di contenzios­i incerti negli esiti e nei tempi, permettend­o inoltre al management, all’allenatore e ai giocatori di concentrar­si sull’attività sportiva e sulla programmaz­ione della prossima stagione». I ragionamen­ti sulla “giustizia ingiusta” sono ovviamente proseguiti sulla sponda bianconera. Sul punto, invece, Gravina non accetta rumors: «La nostra giustizia endofedera­le è veloce, puntuale, rigorosa. E credo che sia una giustizia che nell’arco di 30 giorni, con i termini che sono stati fissati, esaurisce il suo percorso. Non abbiamo invece la determinaz­ione di termini perentori all’interno del terzo grado, un vulnus che non è più accettabil­e». Il presidente della Figc ne ha parlato anche nell’ultima Giunta del Coni, proprio riferendos­i all’incertezza legata ai tempi del Collegio di Garanzia. Sul tema è intervenut­o anche il ministro per lo Sport, Abodi: «Non passi il messaggio che il patteggiam­ento sia un abbassamen­to dei livelli di attenzione rispetto a comportame­nti gestionali non adeguati», ha detto a Tv2000. Il titolare del dicastero vorrebbe una riforma che parta da un presuppost­o: i presidenti federali non devono nominare i giudici. Sul punto, il dibattito politico-sportivo fa già scintille.

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ANSA Il presidente Figc Gravina

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