DALLA LATTINA DI BONIMBA CHE SALVÒ L’INTER DI PRISCO ALLA “SIGARETTA” DI BIRAGHI CHE NON SALVERÀ LA VIOLA Datemi un martello
Dalla Coppa dei Campioni alla Conference, dopo mezzo secolo, riviviamo un lancio proibito ch’è diventato storia
Caro Italo, ti ricordo con i capelli scuri anche se ero un ragazzino. Sono molto arrabbiato nel vedere una piazza intristita negli anni come Firenze dove si passa dall’entusiasmo al lutto sportivo in un secondo! La faccio breve: il nostro allenatore ha incarnato, per mezzo delle sue scelte, la faccia perdente di questa città che poi è media, tifosi, ambiente. Non è secondo me colpa dei dirigenti. I giocatori per vincere la Conference c’erano, ma il problema è la cieca convinzione di questo tecnico di seguire le sue idee lunatiche a seconda di comesialzalamattinaodicome tramonta il sole. Alessandro Tarchiani, Rignano sull’Arno (Fi)
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Che disdetta, Italo! Ho tifato come se la Fiorentina fosse la mia squadra, e quei minuti finali in cui si recupera solo per miracolo a riempirmi di tristezza. Come nella Coppa Italia contro l’Inter, i viola a buttarsi a spron battutopervincere,epoiunnonnulla a rovinare tutto. Di bello, come in ogni stadio di questi ultimi anni, c’è in ogni grande partita la pienezza corale della folla, i cori, la felicità mischiata al sogno di raggiungere la vittoria, i bambini che, senza ancora capire esattamente il calcio, girano lo sguardo a papà e mamma per sapere se ridere o piangere. Sì, una Fiorentina ancora dominatrice e, alla fine, l’inaspettato pallonenellapropriarete,battuti senza gran merito da un comunquetostoWestHamnelmentrei suoi tifosi cantavano la loro gioia divertendosi con l’inno “We are the Hammer!” dei Savage Blade. Noi conosciamo solo il Martello di Rita Pavone…
Edmondo De Amicis
Un ricordo tedesco
Caro Cucci, Fiorentina-West Ham, Biraghi colpito alla testa da un oggetto, forse da una sigaretta elettronica (il fumo fa male,sempre)manonèsuccesso niente. L’unica nota (umana) positiva è che Biraghi ha continuato a giocare. Ma chi può negare che il successivo suo fallo da rigore non sia scaturito dal malessere provocato dalla sanguinosa ferita? Il fattaccio mi ha fatto ricordare un episodio che risale ad una notte lontana nel tempo, ottobre 1971, e a una partita perduta in Coppa dei Campioni da una squadra italiana per 7 a 1. L’Inter di Mazzola Alessandro, di Mariolino Corso e di “Robiolina” Invernizzi era stata sonoramente battuta in un paesino della Germania dedito a birra e… cocacola. La squadra, il Borussia. Il paesotto, Moenchengladbach. Dagli spalti, sull’1-2, untedesco(poicercaronoinutilmente di farlo diventare italiano, meridionale naturalmente) lanciò una lattina che colpì la nuca di Bonimba Boninsegna. L’avvocato Prisco, dirigente e legale dei nerazzurri, riuscì a far ripetere la partita; il Presidente Fraizzoli, accolse la ripetizione della sfida con malcelata rassegnazione. «Cercate di farvi onore», disse laconicamente. Mazzola Alessandro, che sul campo era riuscito con una salto felino a recuperare la lattina del reato, proruppeunasanareazione.«Presidente, un minimo d’incoraggiamento. Vuole che ne becchiamo altri 7?». Non so se è vero, ma so per certo che l’Inter si aggiudicò per 4-2 la gara di ritorno a Milano e con un Bordon gigantesco ottenne la qualificazione a Berlino nella ripetizione dell’andata con lo 0-0.
AA.B. Torino lettera firmata
h, i miei capelli! Non neri, ma scuri, abbondanti e compatti. Ero così nella “Notte dei lunghi coltelli” - 52 anni fa - sulla quale vi intratterrò per questa storia della Sigaretta Elettronica di Praga e di quella della Lattina di Coca Cola. Premessa: a Firenze sono incazzatissimi, hanno perso ingiustamente la Conference con due episodi: il colpo a Biraghi, il contropiede assassino. Del primo trovo traccia in un comunicato della Fiorentina in cui si dice “il capitano viola, pur con una profonda ferita alla testa, per cui sono stati poi necessari otto punti di sutura, ha continuato a giocare, mostrando tutti i valori di correttezza, lealtà e sportività che il calcio dovrebbe incarnare e che la Fiorentina cerca di portare avanti con tutte le sue forze”. Amen. Il secondo episodio mi fa rammentare per l’ennesima volta che il contropiede esiste, è l’arma più pericolosa e anche spettacolare. Così come l’altra sera Bowen ha punito la bischerata di Italiano mi torna alla mente l’unica brutta paginetta del Napoli scudetto cacciato dalla Champions per l’esibizione contropiedistica di Leao. Aggiungo: se è vero che far gol in contropiede è una libidine, prenderne in contropiede è da minchioni.
Ma veniamo alla Lattina. C’ero anch’io, il 20 ottobre del ‘71, al lavoro, in quel luogo che Brera chiamò amichevolmente Munchenvadavialciàpp, ma preferisco porgervi l’attacco sublime del pezzo di Alfeo Biagi che scrisse di ritorno a “Stadio” gridando “è la fine del mondo!”. Com’era solito. Ma stavolta…
COCACOLA - “Da Moenchengladbach, quella volta tornai col soprabito macchiato di CocaCola - raccontò Biagi - La lattina più famosa del calcio europeo volò infatti verso la nuca di Bobo Boninsegna passando esattamente sulla mia testa, ero inviato al seguito dell’Inter in Coppa Campioni. Gli spruzzi di un liquido scuro (dapprima si pensò fosse birra nera) mi sembra di vederli ancora luccicare nella luce dei fari. E ricordo l’impatto, durissimo, con la testa di Boninsegna. Che crollò a terra, tramortito. E vidi, altrettanto distintamente, Sandro Mazzola chinarsi, raccogliere qualcosa, consegnarlo all’arbitro, il disorientato olandese Porpman”.
L’Inter allora non fece come la Fiorentina e denunciò il fattaccio chiedendo la ripetizione della partita. Il regolamento non diceva nulla, ci pensò il mio grande amico Peppino Prisco che dopo la denuncia dovette combattere una autentica battaglia con i delegati tedeschi. Verso la mezzanotte di una giornata estenuante, il suo trionfo: la partita veniva annullata, si sarebbe rigiocata, in campo neutro, a Berlino. Lì andai e raccontai una partita-di-guerra non a caso giocata nello stadio Neuendorfer, accanto al carcere di Spandau dove erano stati imprigionati i capi nazisti dopo il processo di Norimberga. L’eroe della serata, Ivano Bordon, faccia d’angelo, parò anche una falena perduta nella notte, mentre 85.000 tifosi impazzirono per lo zeroazero più bello di tutti i tempi. Purtroppo il capolavoro di Boninsegna, di Mazzola, di Prisco e di Bordon fu cancellato a Rotterdam, nello stadio del Fejienoord, dall’Ajax di Johan Crujiff e di Stefan Kovacs. Ero con Giovanni Arpino, quella notte, con Ameri & Ciotti, De Cesari e Brera. Era un altro calcio. E io avevo i capelli (quasi) neri.