Alcaraz si arrende allo stress
I crampi al n.1 proiettano Djokovic in finale a Parigi Crisi sull’1-1 del terzo set, con l’inerzia tutta dalla sua. «Avevo dolore in ogni parte del corpo»
Djokovic l’aveva definita una relazione a distanza e al primo appuntamento Alcaraz è stato mangiato dalla tensione. Il primo, forse unico, big match della primavera del rosso si conclude in un nulla di fatto. Dopo due set di spettacolo i crampi hanno divorato lo spagnolo, facendo sì che Novak Djokovic si potesse fare strada verso la 34ª finale Slam della sua carriera.
Il serbo lascia lo “Chatrier” tra applausi e inspiegabili fischi di chi in alcune fasi della partita non ha capito molto. Il punteggio finale è di 6-3 5-7 6-1 6-1, mentre l’episodio incriminato si rifà all’1-1 del terzo parziale, quando i crampi hanno fermato gambe e braccia del numero 1 del mondo. Impossibilitato per regolamento a ricevere un trattamento, in caso di crampi previsto solo nei cambi campo e non più di due volte a partita, l’iberico non ha avuto scelta che cedere il servizio senza giocare il game per poter ricevere l’intervento sull’1-2. Il pubblico parigino è stato così colto di sorpresa e in un momento di confusione se l’è presa con l’incolpevole Djokovic.
BEFFA. La contesa, però, c’è stata e per due ore non sono mancati gli spunti. Sfavorito per i bookmakers, il 22 volte campione Slam ha ricordato a tutti che certe partite sa come vincerle e che spesso solo il suo fisico può limitarlo. Nel primo parziale l’interpretazione di Nole è perfetta, evita il braccio di ferro che gli ha regalato tanti successi e spezza subito il ritmo del rivale spagnolo con palle corte, discese a rete e accelerazioni nelle prime fasi dello scambio.
Nel secondo set arriva, però, la reazione di chi campione Slam lo è già e sa di poter imporre il proprio tennis, cosa che viene agevolata da un primo boccheggiamento di Djokovic, costretto a cedere campo. I crampi sono una beffa arrivata quando l’inerzia era tutta dalla parte del murciano, che invece firma la resa un’ora prima dell’effettiva stretta di mano.
LEZIONE. «Per me è dura e ho deluso me stesso, arrivavo a questo match con delle ottime sensazioni e fisicamente mi sentivo alla grande - il rammarico dello sconfitto - All’inizio del terzo set ho iniziato a sentire i crampi ad ogni parte del mio corpo, non solo alle gambe. Speravo di avere una minuscola chance di riprendermi nel quarto set. Cosa è stato? Credo la tensione del match. Ero molto nervoso all’inizio e ho giocato due set intensi. Devo prenderla come una lezione e imparare per il futuro».
Precoce in ogni sua tappa, Alcaraz per la prima volta deve mettere in dubbio la sua legittimazione da dominatore. Il paragone con i Fab 3 è immediato, ma allo stesso tempo ingeneroso per un ventenne costretto al confronto virtuale con i tre più grandi della storia. I tanti stop della stagione, con il forfait a Australian Open e Montecarlo, sono un tema ma non possono intaccare i traguardi di chi neanche un anno fa diventava il numero 1 più giovane della storia, il tutto dopo una serie di fallimenti delle generazioni che lo avevano preceduto.
Le circostanze hanno intaccato la festa di Djokovic, ma non scalfiscono l’unicità della finale Slam numero 34, quella che potrebbe valere il titolo numero 23. A Parigi è la settima finale, il bilancio è di 2-4 con i successi del 2016 e del 2021 su Murray e Tsitsipas (poi tre sconfitte con Nadal e una con Wawrinka). «Ad inizio carriera ho avuto diversi problemi fisici e so come vengano influenzati dalle emozioni - le parole di Djokovic, che ha poi risposto anche alla parentesi sui fischi - Non mi interessa, non è la prima e non sarà l’ultima volta. Io continuo a vincere».
Domani l’avversario sarà Casper Ruud e Nole reciterà il ruolo del favorito nell’appuntamento con la storia.
Il serbo: «Capitava anche a me a inizio carriera. Colpa dell’emozione»