«A Bologna il fattore campo peserà»
Sempre lui, il Poz: il c.t. che salta e urla al mondo, il papà che si gode la sua bimba I rumors di mercato aprono scenari intriganti su di lui Per noi si confessa «Non è chiusa, su sette partite è presto. La Virtus poteva vincere la seconda e la prima è
«Avere una figlia è faticosissimo ma è bellissimo. Ho sempre detto che tratto i giocatori come figli, mi prendevano in giro, “eh ma tu non ne hai, che ne sai?”. Ora lo so, non era una fesseria. Vederla muoversi, crescere, è una gratificazione. Così come il miglioramento di un tuo atleta. Certo non prendo in braccio Melli. Con Spissu però potrei...». Gianmarco Pozzecco è sempre lui, passione travolgente, un mix di convinzione e autocritica, la giusta ironia. Ct che non si lascia coinvolgere dalle voci di mercato, sempre più insistenti e secondo cui corre seriamente per la panchina della Virtus, se Bologna e Sergio Scariolo dovessero separarsi. Futuro questo. Il presente è una finale da spettatore interessato e Gala da tenere d’occhio, con i suoi 4 mesi fra due giorni.
Quante partite non le ha permesso di vedere sua figlia?
«Con la tecnologia recuperiamo tutto. Fortuna e sfortuna, perché se ne abusa. Gli staff tecnici sono molto concentrati sull’utilizzo di pc, software, ogni tanto si rischia di perdere di vista il rapporto umano.
Come nella vita, tutti esageriamo con i social, il telefonino, la mail. Lo sport resta soprattutto vivere emozioni».
Gara2 di finale scudetto, soprattutto il post. Che ne pensa?
«Ho una passione gigantesca per la pallacanestro. E questo mi porta a nutrire un enorme senso di responsabilità. Sfottò, campanilismo, un tifoso esageratamente acceso sono cose che hanno sempre fatto parte del gioco. Però c’è un limite. Un individuo non può permettersi di rovinare quello che in questo momento è uno spettacolo di altissimo livello. Una grande rivalità, che forse non s’è mai vista. Due proprietari icone nel mondo. Il caffè Segafredo lo bevi ovunque, dire Armani in qualunque posto della terra è come dire pasta e pizza. Ci rappresentano e ne siamo estremamente orgogliosi. Due grandi club, due grandi storie, grandi allenatori, giocatori, in 80’ hanno dimostrato a quale livello agonistico possano arrivare. Uno spirito di compazzesco. Sono state partite equilibratissime, incerte fino alla fine. Tutto questo va salvaguardato».
Cosa pensa delle decisioni disciplinari?
«Il pubblico di Milano so bene com’è, è numeroso, caloroso, corretto. È stato un episodio circoscritto a un personaggio che in questo mondo non c’entra niente. Teodosic e Hackett, che conosco personalmente, sono campioni veri, non solo in campo. Daniel lo reputo uno dei giocatori con gli attributi più consistenti della pallacanestro recente. Sono contento che le decisioni non abbiano stravolto l’equilibrio. Milano ha meritato il vantaggio del campo, Teo e Hackett devono esserci, nessuno può essere privato del loro spettacolo. Anch’io sono rimasto colpito dalle immagini, ma parliamo di cose belle. Per esempio la solidarietà dei giocatori di Milano con quelli della Virtus. E poi di fronte a sanzioni più pesanti può diventare una tattica creare l’incidente».
Qualche tifoso l’ha mai colpita quando giocava?
«Mai. Nella mia ultima partita ho ringraziato tutti quelli che mi hanno insultato, ed erano tanti perché giocavo bene. Mi hanno dato la forza di andare avanti. Però mi hanno anche applaudito, e rispettato. Mi piace pensare che dentro di loro dicessero se giocasse con noi lo ameremmo».
Due a zero Olimpia, chiusa?
«No, assolutamente. Sulle 7 partite è così presto. In più la Virtus, lo hanno detto tutti, poteva vincere gara2 e la prima è stata equilibrata. Facesse 2-2 in casa si rimetterebbe del tutto in gioco. Il rischio per i bianconeri e non poter commettere passi falsi, ma il fattore campo peserà. Conoscendo il pubblico bianconero sarà estremamente caldo, ci sarà un palazzo strapieno. Mia moglie dice sempre che se giocasse, vedendo quel muro nero si metterebbe timore, ed è vero. Allo stesso tempo è sempre stata una tifoseria assolutamente corretta. Nessuna preoccupazione, ci sarà solo fattore campo ed è anche il bello dello sport».
A proposito di Virtus, lei disse di no da giocatore per amore della Fortitudo. Si è mai sentito nemico?
«Ho vissuto sempre tutto in modo sentimentale, correndo rischi, giocando un basket folle, forse con l’esagerata voglia di emozioni. Non credo di aver fatto nulla di cui vergognarmi, gli errori li ho pagati personalmente, sono stato messo fuori squadra tre volte, non ho vinto un oro europeo e uno scudetto. Però non ho mai mancato di rispetto a nessuno, solo tenuto alle maglie che indossavo. La gente di me ha un’opinione netta, estrema. O mi ama o mi odia. Da atleta aveva più senso, da allenatore meno. A me oggi bastano cose semplici, prima ero in una centrifuga. E nella vita ho capito che ci sono due opzioni: cercare di convincere la gente che sei bravo o fare di tutto per esserlo».
E lei?
«Scelgo la seconda. Con il presidente Petrucci, che non smetterò mai di ringraziare e con cui abbiamo una filosofia comune, abbiamo messo in piedi la Nazionale voluta da lui: amata e rispettata, dai tifosi ma anche dai giocatori stessi. Se la considerazione nei mie confronti deve cambiare, deve essere grazie al mio lavoro. Penso di essere una persona migliore di come mi mostro, al contrario di chi si focalizza sull’apparenza. Non vedo l’ora di rivivere al Mondiale il clima fantastico che c’è con la mapetitività
«Campanilismo e sfottò hanno sempre fatto parte del gioco»
«Due grandi club e competitività pazzesca: forse non s’era mai vista»
«La Nazionale è un regalo di cui sono grato Futuro? Vedremo»
glia azzurra, sperando di non soffrire troppo la lontananza dalla bimba».
Per lei ha rinunciato all’Eurolega, lo rifarebbe?
«Due volte, un record. Sono consapevole di aver fatto la scelta giusta, sarebbe stato impossibile andare ad Atene».
Accadrà?
«La Nazionale è un regalo per cui essere grati per sempre, chiaro che prima o poi mi piacerebbe avere quell’opportunità».
Hackett e Belinelli saranno nel gruppo azzurro?
«La scorsa estate abbiamo vissuto un’avventura bellissima e devo tanto a quei 12. Ho accettato il ruolo sapendo di dover essere cinico e rispettoso di tutti. Di chi c’era e ha diritto ad avere garantita la squadra più forte, e di chi non c’era. Starò male per scelte dolorose, ma stranamente sono poco preoccupato, mi sento in grado di prendere queste decisioni. Ci sono campioni come Beli e Daniel, e Gallinari, che ha un legame esemplare con la Nazionale. Vado molto fiero di non aver pianto la sua assenza, ha spinto tutti a fare qualcosa di più per coprire la sua assenza. Forse con lui avremmo potuto vincere».