La Roma di Mou il Marziano ricorda la Magica di Viola
A furor di popolo si avvicina la stagione in cui i giallorossi di Liedholm sfidavano le grandi, in particolare la Juventus
Caro Italo, torno a scriverle dopo tanto tempo per fare un bilancio sulla stagione appena conclusa della Roma. Secondo il mio modesto parere l’annata l’ho trovata molto positiva perché si è sfiorato l’ennesimo trionfo europeo, cosa alla luce dei fatti molto rara nel mondo giallorosso: oserei dire quasi inusuale. Due anni e due finali europee consecutive (una vinta e una persa) io le ritengo un risultato ragguardevole e tutto questo è da riconoscere alla bravura inconfutabile del mister Mourinho che ci ha saputo inculcare una mentalità europea fuori dal comune. È come se un marziano fosse atterrato sul pianeta Roma cambiandoci improvvisamente il modo di vedere il calcio e di viverlo. La sua gestione tecnica, per molti discutibile, è e continua a essere secondo me l’unica possibilità che la Roma avrà di crescere e progredire a livello di risultati sportivi nel prossimo futuro. Il suo terzo anno, a detta di molti, dovrà essere quello dell’assalto magari alle parti alte della classifica nel nostro campionato a patto che, però, gli vengano consegnati i giocatori giusti e con una mentalità adatta alle regole rigide dello Special One. Alla Roma, per come la vedo io, serve urgentemente un numero 9 che sia veramente un bomber. Uno stoccatore, un giocatore sfrontato che sia adatto alla lotta e che segni quei gol necessari a garantirti il salto di qualità. uno su cui poter contare sempre anche nelle giornate storte. Un fuoriclasse alla Dybala. Il mio sogno sarebbe Dusan Vlahovic, ma mi accontenterei anche di un ritorno in Italia di Mauro Icardi in prestito con magari Arnautovic come riserva. So di essere un sognatore incallito ma, secondo me, per crescere la Roma ha bisogno di profili di giocatori forti e di grande personalità da aggiungere a quelli già in rosa. In questo senso il rinnovo di Cristante l’ho trovato un segno di continuità molto importante e che mi fa pensare a una Roma sempre più competitiva e battagliera. Un saluto e buona estate.
L’essere ormai antico m’aiuta a conservare felicemente i ricordi e i valori di sessantacinque anni di professione, mentre vedo crollare intorno a me quel mondo dell’informazione così come era stato costruito da Leo Longanesi, Giovanni Ansaldo, Mario Missiroli, Alberto Giovannini, Giovannino Guareschi, Arrigo Benedetti, Nino Nutrizio, Eugenio Scalfari, Giuseppe Prezzolini e Indro Montanelli (ho avuto anche la fortuna di conoscerli personalmente) tutti maestri ignorati o dimenticati, grandi firme ma anche costruttori di giornali che hanno fatto la storia.
Un passaggio sul web presenta orripilanti schieramenti di grandi giornalisti e mezze pippe, spesso uniti dal collante estremo della morte ch’è davvero - in questo caso - ‘a livella evocata da Totò. Considerate dunque la fortuna di un ragazzo come me che - pur cresciuto all’ombra di quei grandi - finisce per avere direttori o amici come Giovanni Spadolini, Gianni Brera, Enzo Biagi, Oreste del Buono e Sergio Zavoli.
TOTTISMO - Ho usato questo argomento per confermare il racconto di un antico tifoso che intravede nella stagione di Mourinho i segni di un’antica nobiltà giallorossa smarrita da un ventennio, dopo il clamoroso scudetto di Sensi e Capello, e intestata nel bene e nel male solo al suo più importante calciatore del dopoguerra, Francesco Totti. Senza nulla togliergli - così come è giusto sottolineare i meriti di Dybala - mi piace partire - io posso - dalla RomaRoma che ho conosciuto quando mi ritrovai a dialogare con il presidentissimo Dino Viola. La sua fu la Roma dell’orgoglio, la vera sfidante dell’aristocrazia pallonara, particolarmente della Juve agnelliana. Ecco, questa è l’aria che tira grazie allo Specialissimo. È giusto fornirgli le armi adeguate perché si conservi per il popolo giallorosso - come l’ho chiamato - il Sol dell’Avvenire.