FENOMENOLE
Il serbo si conferma formidabile sull’erba londinese, vince il 45° match consecutivo sul Centrale e approda alla 35ª finale Slam Domani contro Alcaraz può emulare Federer, otto volte re a Wimbledon Sinner battuto in tre set, dominando in risposta e senza
Un primo set che vale una partita. Novak Djokovic continua a riscrivere la storia del gioco e con il suo dominio dà a volte l’impressione di riscrivere anche le regole. Nella disciplina che per antonomasia non porta mai alla sconfitta prima della stretta di mano, il serbo può permettersi il lusso di non doversi preoccupare troppo e contro Sinner è stato ancora così. Dei 308 primi set conquistati a livello Slam, ben 303 si sono tradotti in vittorie. Un record difficile da concepire, con le uniche eccezioni di cinque sconfitte giunte per mano di Wawrinka (tre), Nadal e Melzer; quest’ultimo l’unico nella storia ad aver rimontato Nole da 2-0 sotto.
La semifinale di Wimbledon non è mai stata in dubbio, il 6-3 6-4 7-6(4) inflitto all’altoatesino è parte dell’ennesima “masterclass” di una carriera vissuta con il piede sull’acceleratore. Imperturbabile nonostante un apparente nervosismo, manifestatosi con applausi ironici al pubblico, continue smorfie nel tie-break e lo sgomento per la chiamata di “hindrance” (punto perso per palla disturbata), Novak dentro di sé coltiva la tranquillità di chi ha vinto tutto e in tutte le situazioni, come conferma la sua storia contro il numero uno d’Italia: dalla rimonta sotto di due set dello scorso anno al dominio di ieri.
NUMERI.
«Sono contento di far parte di questa nuova generazione. I 36 anni sono i nuovi 26». Così ha scherzato il 23 volte campione Slam, ma la consapevolezza è quella di chi continua a ritoccare senza sosta le proprie statistiche. Il sogno Grande Slam è la sua corsa all’oro, ma nell’attesa ci sono gli otto “inarrivabili” Wimbledon di Federer da raggiungere già con la finale di domani contro Alcaraz. La storia e l’immaginario collettivo non dimenticano lo svizzero come re dei Championships, ma i numeri gradualmente depongono sempre più in favore di un giocatore a tratti troppo irriverente per piacere al pubblico londinese.
In un torneo dove non perde dal 2017, ritiro nel secondo set per un problema al gomito destro nel quarto di finale contro Berdych, sono arrivati a 34 i match vinti consecutivamente. Se il campo statistico si restringe al Centre Court, sono addirittura 45 le vittorie in fila, con Roger Federer e Helen Wills Moody nettamente staccati a quota 32.
RISPOSTE. Dopo aver annullato l’avvio promettente di Sinner, Nole ha subito preso il largo in una semifinale dove nello scambio ha lasciato pochissimo margine al rivale. Sull’erba di Wimbledon l’ecletticità del serbo è a tratti inscalfibile e la risposta ha fortemente indirizzato la sfida. Se al servizio ha concesso qualcosa in più, riuscendo comunque ad annullare sei palle-break, compresi i due set-point del terzo parziale, quando ha dovuto ricevere è stato sontuoso. Nel punto lungo l’arsenale di soluzioni a disposizione del numero 2 del mondo è sempre più vario e nella sfida contro l’altoatesino non ha avuto bisogno di esplorarle tutte.
Nel terzo set sono due i momenti chiave che precedono il tie-break: prima Nole fallisce tre palle-break da 0-40 sull’1-1, poi dal nulla si trova a dover salvare due set-point sul 4-5, 15-40. I dieci minuti del tie-break finale sono un concentrato di emozioni, con Djokovic che da 1-3 sotto beneficia di un doppio fallo avversario per lanciarsi in finale. «Il punteggio non racconta ciò che è successo in campo. Jannik è stato ad un passo dal vincere il terzo set, ma poi ha sbagliato qualcosa e mi ha fatto rientrare - le parole di Nole, che non manca però di elogiare il rivale - Sinner ha dimostrato ancora perché è uno dei leader della nuova generazione. La chiamata di hindrance? Avrebbe potuto cambiare la partita. Non ho disturbato l’avversario, ma sono riuscito a ricompormi. L’età per me non è un fattore di disturbo. Questo sport mi ha dato tanto, lo amo e voglio ricambiare la mia gratitudine giocando finché potrò». Il messaggio Djokovic è chiaro, 23 non è il limite.
«Jannik è tra i big giovani. Bello far parte della... nuova generazione»