Corriere dello Sport

Alcaraz show, Medvedev divorato

- Di Ronald Giammò

«Cosa devo fare?», si chiede Daniil Medvedev, in svantaggio di due set e sotto 3-0 cercando lo sguardo del suo coach Gilles Cervara in tribuna. Sguardo smarrito, se potesse Cervara allarghere­bbe le braccia. Perché contro il Carlos Alcaraz visto ieri in campo per il russo c'é stato ben poco da fare, battuto in tre set con un 6-3 periodico al termine di un match mai stato in discussion­e. Domani sul Centrale si giocherà la finale da tutti attesa e in palio, oltre al trofeo, ci sarà anche l'occasione di riprenders­i o consolidar­e la leadership nel ranking. Eppure ci aveva provato, Medvedev, a mettere la partita sui binari a lui più congeniali: innescare lo scambio, accettare il ritmo imposto dallo spagnolo confidente di poterlo sostenere e di trovare lì le soluzioni per intaccarne la solidità. Alcaraz si è invece dimostrato giocatore più completo in questa circostanz­a, capace di assimilare meglio le caratteris­tiche di una superficie per lui ancora "nuova" e di interpreta­rla al meglio. Il n.3 del mondo si è presentato all'appuntamen­to con un solo piano di gioco, allergico alla discesa a rete, e impacciato quando costretto a declinarla più per necessità che per scelta. «Essere arrivato in finale è un sogno, lo so, l'avevo detto anche prima di questa semifinale, ma non posso ancora crederci», ha sospirato emozionato Alcaraz a fine match, lui che domani sarà il terzo spagnolo a contenders­i il titolo nella storia di Wimbledon dopo Santillana e Nadal.

LA CHIAVE. L'unico pedaggio pagato dal murciano nel cammino verso l'ultimo atto è stata l'emozione avvertita quando ormai il risultato non sembrava più in discussion­e. Due break concessi, i soli, a Medvedev in un terzo set il cui copione il russo stava già provvedend­o da sé a rendere privo di qualsiasi inciampo. «Nel terzo set è stato difficile chiudere il match – ha poi ammesso lo spagnolo – son dovuto rimanere concentrat­o, lui voleva restare in partita e nei momenti chiave ho dovuto tirare fuori il meglio». Contro Djokovic non è detto che basti. L'esperienza è una grande alleata, la paura una nemica da tenere alla larga. Il ricordo di Parigi è ancora fresco, ma «adesso c'è una finale che mi aspetta, non bisognerà avere paura e provare a godersene ogni momento», ha dichiarato Alcaraz salutando il Centrale come a voler esorcizzar­e quel fantasma già conosciuto e che sente essere oggi l'unico avversario in grado di fermarlo. La notte e Djokovic diranno se sarà riuscito a scansarne l’abbraccio.

Lo spagnolo rivela «Ho dovuto tirare fuori il meglio nel terzo set»

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ANSA Carlos Alcaraz, 20 anni

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