Gli arabi non guasteranno la grande festa del pallone
L’aria che tira e una strisciante crisi economica producono un diffuso disfattismo che coinvolge il calcio, mentre si moltiplicano i successi degli altri sport
Caro Cucci, leggo con profonda preoccupazione su alcuni siti notizie di possibile spostamento di alcune gare, se non di tutta l’Olimpiade, a Saint Moritz. Sarebbe uno smacco clamoroso e un’onta per tutto il Paese. E si darebbe di nuovo fiato a coloro che, secondo me vergognosamente, affossarono con motivazioni assurde la candidatura di Roma 2024. Inoltre sarebbe un macigno d’immagine anche per la candidatura agli Europei di calcio 2032. Spero che tutto sia solo un brutto momento e ci si prepari a una grande Olimpiade. E a un bel campionato…
Non ho bisogno di chiederle quali siti - e quali giornali - si esercitino ogni giorno nell’italianissima pratica del disfattismo, la sindrome dello sconfitto, esattamente il contrario dello sciovinismo - termine che identifica un’ammirazione esagerata verso il proprio Paese - che ridacchiando imputiamo ai francesi. Loro sono caratterialmente ispirati da Nicolas Chauvin, un soldato dell’impero napoleonico, eroico e esaltato. Noi soffriamo, invece, la sindrome di Caporetto - dalla sconfitta della Grande Guerra che fu imputata a soldati e generali vili nonostante la vittoria finale - così come oggi molti intellettuali - storici, ma anche cronisti - si dilettano quotidiananamente a immaginare (e in fondo augurare) sciagure apocalittiche o semplicemente sfighe alla povera Italia.
Non sono uno storico, semplicemente un vivente che ha molto vissuto e ha avuto modo di farsi istruire sui vizi e le virtù degli italiani, dei quali - diceva Brera, citando Guicciardini - non ci si deve mai fidare. Sennonché un giorno incontrai un nipote del Guicciardini che negò di avere mai appreso dalle letture delle opere dell’Avo questa sortita disfattista. Si trattava, insomma, di una furbata del Gioânn.
PREZZOLINI - Ma fu un’esperienza straordinaria a convincermi a disprezzare il disfattismo che andavo incontrando come oggi - in particolare nello sport, dov’era facile esercitare le critiche in toni moralistici e apocalittici. Il Conte Rognoni, maestro d’ironia, ogni tanto mi chiedeva “una cassandrata” in toni biblici, pura satira. Ma smisi di utilizzare questo strumento retorico quando un giudice - non sportivo mi condannò per aver detto a un arbitro “vade retro Satana”.
Mi trovai dunque un giorno a parlare con Giuseppe Prezzolini, per me l’Intellettuale Massimo d’ogni tempo. Dovevo chiedergli - era il 1973 un parere sul divorzio prima del referendum. Ero preoccupato ma fui accolto benevolmente anche perché il Professore sapeva che mi ero battuto perché il mio direttore, Enzo Biagi, ripristinasse la sua antica collaborazione al “Resto del Carlino” sospesa nel ‘70 su richiesta di alcuni giornalisti non ancora guariti dal Sessantottismo.
Parlammo del referendum e il discorso ci portò fatalmente al disfattismo. E allora il Maestro mi citò con la massima semplicità una sua idea rivoluzionaria e stimolante che aveva spiazzato gli storici del suo tempo: la sconfitta di Caporetto fu cosa buona affermò - perché risvegliò lo spirito degli Italiani, il loro orgoglio, mentre Vittorio Veneto, il Piave e il 4 novembre partorirono la “vittoria mutilata”, il disfattismo e il fascismo. Che lezione!
ARABESCHI -
Le note mediatiche quotidiane in chiave negativa si moltiplicano, la politica se ne ciba, ricordo il Berlusconi che mi disse “l’invidia porta iella”. Il mondo dello sport si difende egregiamente - anzi vince - su tutti i fronti, soffre solo il calcio. Per sue specifiche colpe che adesso i furbastri cercano di attribuire agli arabi esibendo un disfattismo spettacolare grazie alla partecipazione non disinteressata di disfattisti Intellettuali del Pallone. Ho già detto che i soldi degli arabi non puzzano. Che il Campionato inguaiato non morirà come sento dire. Preciso che ho identico sospetto per quel diffuso “andrà tutto bene” che comparve alla vigilia della pandemia. Prudenza e preghiere. Aggiungo infine una massima bolognese applicata in particolare all’amatissimo Bologna: “Solo chi cade può risorgere”. Un boccone di tiramisù.