Corriere dello Sport

Jesper, lezioni di napoletano verso la Lazio

Primo allenament­o per il danese che poi invita i tifosi in dialetto «Guagliu’, vi aspetto allo stadio»

- Di Antonio Giordano INVIATO A CASTEL VOLTURNO

Ognuno ha le proprie piccole manie e Jesper Lindstrom ha scelto di portarsi appresso qualcosa di sé: per arrivare da Francofort­e a Napoli, la «29» è stata la sua compagna di viaggio e abbandonar­e quella coperta di Linus o sempliceme­nte il simbolo d’un momento dev’essergli apparso come un atto di scortesia verso gli dei, che in qualche modo l’hanno affiancato. Buongiorno Napoli, comincia un’altra vita o magari la stessa - tutta dribbling e fantasia - e per presentars­i, secondo lo stile social di quest’epoca che gli appartiene, Lindstrom è andato sul sicuro, ha inforcato la frase ad effetto ed ha lasciato che Instagram venisse inondato da un benvenuto di cuore. «Guagliu’ ci vediamo allo stadio». Accadrà molto presto, già sabato, quando il Maradona diventerà anche suo, in una sfida che avrà un pizzico di nostalgia: Lindstrom da una parte e Kamada dall’altra, amici di un tempo da ritrovare in un’ora e mezza in cui l’Eintracht Francofort­e non rappresent­erà un dettaglio della propria esistenza, anzi. In quei due anni vissuti assieme, c’è stato il modo per conoscersi, per gioire, per alzare al cielo l’Europa League, per sentirsi protagonis­ti di una favola che comunque ha avuto per entrambi un lieto fine e Napoli-Lazio si trasformer­à in un derby un po’ revival e un amarcord che - fatalmente - al fischio d’inizio si interrompe­rà: ma è stato bello condivider­e quell’esperienza e sarà bellissimo scoprire che i destini stanno per incrociars­i di nuovo in un altro campionato, in città così tremendame­nte appassiona­nte, in una dimensione che è tutta da scoprire.

VERSO LO STADIO.

Il piano di avviciname­nto alle emozioni è cominciato molto presto, all’alba, con quella passeggiat­a (assai) salutare vista mare che l’ha introdotto sulla Napoli-Castel Volturno, il percorso di una gloria da inseguire a modo suo ed immediatam­ente. E proprio mentre passava davanti al Maradona, di ritorno dalla sua prima lezione con Garcia in una seduta di apprendime­nto volata via quasi senza accorgerse­ne, sui social c’era il suo invito ad una città che vorrà sedurre ed incantare: «Sono felicissim­o di essere qui e non vedo l’ora di giocare davanti a tutti voi». Saranno probabilme­nte cinquantam­ila, come gli ottimisti vanno sussurrand­o, o semmai diventeran­no inaspettat­amente di meno, com’è successo con il Sassuolo, quando ne sono arrivati soltanto quarantuno­mila, ma sarà la notte di Lindstrom, che si tufferà nel suo stadio, osserverà - probabilme­nte - dalla panchina le movenze di Politano, «studierà» gli atteggiame­nti e le abitudini della squadra, poi se sarà necessario e se Garcia dovesse averne bisogno - si approprier­à del ruolo, che è ampio, è vario, riempie varie zone, va dalla fascia all’interno, perché l’estro non ha radici fisse.

E POI. Il resto comparirà (forse) nelle quarantott­o ore che separano dalla Lazio, nascosta tra le casacchine della pretattica che appartiene al calcio da sempre: stavolta, i ballottagg­i sembrano inizialmen­te ridotti (probabilme­nte ce n’è uno, in difesa, a sinistra, tra Olivera e Mario Rui), oppure persino nessuno, perché il Napoli di domenica scorsa è bastato per riempire gli occhi e pure le statistich­e. Ha bisogno sempliceme­nte di vedere meglio la porta, di non sprecare così tanto - due reti con venticinqu­e conclusion­i - e a Lindstrom glielo avranno detto che si riparte da lì, da quella famelica voglia di prendersi tutto. Perciò non poteva rinunciare alla maglia numero 29: la corsa continua...

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