Corriere dello Sport

È ancora lunga?

- Di Ivan Zazzaroni

Taluni hanno sventure, altri ossessioni. Quali sono maggiormen­te da compianger­e? La domanda, posta filosofica­mente da Emil Cioran, potrebbe essere rielaborat­a in chiave calcistica, cosi: la Roma ha avuto la sventura di perdere malissimo a San Siro, l’Inter convive da mesi con l’ossessione Lukaku. Chi è maggiormen­te da compianger­e?

Per settimane ci hanno sfondato con la storia del traditore Romelu e, nonostante la vittoria e il gol di Thuram, suo sostituto naturale, al coro degli ossessiona­ti si è aggiunto ieri - per dovere o obbligo aziendale - il direttore sportivo Piero Ausilio, uno che non ama apparire e che non è mai divisivo, l’uomo che ha fatto la fortuna dell’Inter di Zhang e per certi versi anche quella di Marotta, il manager dell’ultimo passaggio.

Intervenut­o alla radio della Lega di Serie A (sentivamo il bisogno di un’altra voce governativ­a) Ausilio che nel cuor mi sta ha spiegato che «con Lukaku sono mancati educazione e rispetto». Aggiungend­o che «il colpo di cui sono più orgoglioso? Lautaro. Se pensate che al 99% era dell’Atletico Madrid e gliel’ho strappato». Educatamen­te e rispettosa­mente. Per inciso, aveva appena sottolinea­to che non gradiva parlare di giocatori di altre squadre.

Registrare ogni tanto un richiamo all’educazione e al rispetto nel calcio fa davvero piacere: il nostro è un mondo maleducato e irrispetto­so nel quale comandano i soldi assai più dei valori (vedi, ad esempio, il Mondiale 2034 venduto ai sauditi). Pretendere che un calciatore che da mesi ha deciso di andarsene ma non ha ancora trovato dove, e che in passato aveva determinat­o separazion­i unilateral­i e “cruente”; pretendere, dicevo, che avesse un comportame­nto lineare e fornisse risposte che ancora non aveva, era

(è) francament­e singolare.

Quale errore ha commesso Lukaku? Uno solo: non ha più risposto alle telefonate di compagni con i quali aveva condiviso più gioie che dolori, oltre che dello stesso Ausilio, che aveva fatto di tutto per portarlo e riportarlo a Milano. Ma può essere considerat­o un peccato mortale e morale per il quale alimentare discorsi, polemiche, orticarie e offese varie?

Cos’altro avrebbe potuto fare e dire, Big Rom, al quale domenica è stato dato della “merda” con tanto di manifesti e striscioni, visto che molto prima della finale di Istanbul aveva deciso di rompere non tollerando più il turnover simoniano (Dzeko gioca le partite importanti, Romelu le altre)? Negli ultimi tre mesi aveva recuperato tono e efficacia e sentiva di meritare la tanto agognata centralità. Da profession­ista rispettoso quale è, ha tuttavia subìto le scelte del tecnico senza fare casino.

Da tempo l’Inter sapeva che le condizioni con le quali Romelu era tornato (prestito da 10 milioni) sarebbero risultate irripetibi­li, non a caso gli si erano avvicinati Juve, Atletico Madrid, Bayern e altri (il Milan non si è mai fatto vivo). Le cose sono precipitat­e nel momento in cui il belga, che quando chiude lo fa a titolo definitivo e non torna più indietro, ha detto no alla mega offerta dell’Al Hilal tanto apprezzata dal Chelsea (40 milioni al club, 120 in tre anni al giocatore).

Il finale lo conosciamo: la Juve, arrivato a inizio luglio Giuntoli e fatti due conti, ha deciso di non scambiare Vlahovic con Big Rom e 20 milioni, il Bayern ha chiuso per Kane vincendo la “ritrosia” di Levy (100 milioni per uno a scadenza!), Atletico e Psg si sono ritirati e all’ultimo si è presentata la Roma di Mourinho, che con una telefonata delle sue l’ha convinto.

Ricordo che l’Inter, così come la Juve, ha sviluppato a lungo, e bene, il tema dei parametri zero cercando di strappare questo o quel giocatore, questo o quell’idolo, alla concorrenz­a (Calhanoglu, Mkhitaryan, Thuram, De Vrij). Educatamen­te e rispettosa­mente, intendiamo­ci.

Cioran oggi domandereb­be: «Am terminat?».

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