Le alternative si sono già viste a fasi alterne: ecco le opzioni
Il tecnico pensa a una variante: con l’avanzamento di Zielinski può superare il 4-3-3 di base per trasformarlo in un 4-2-3-1
Ma cosa si dissero Garcia e De Laurentiis, nei giorni del casting? Lunghe chiacchierate di calcio (ovviamente), per starsene dentro al Progetto: e poi? E si parlò di mercato, certo che sì; e di organizzazione, e ci mancherebbe; e però se poi si fosse parlato - e ci sta - pure di schemii, di idee, d’una continuità nella quale restare come se fosse un solco .... ? Quando Rudi Garcia ha sparato una delle sue provocazioni («io non conosco la Storia del passato del Napoli») forse voleva fare una battuta o magari slittò sulla lingua, perché è chiarissimo che fosse a conoscenza d’ogni dettaglio di quella magia allestita da Spalletti e capace di anestetizzare il campionato, di dominarlo in lungo e in largo, di opzionarlo con qualche mese di anticipo: ed essendo informato dei fatti, ma per forza, gli fu chiaro che per ricominciare sarebbe stato necessario partire dal 4-3-3, come da “comandamento” ideologico. Però poi dopo, nel momento in cui Garcia ha dovuto intervenire, come di diritto spetta ad un allenatore, e ancora prima che dribblasse dialetticamente il tridente («non esiste solo il 4-3-3»: cit. post Milan), ha mostrato le proprie inclinazioni alternative: 4-2-3-1 (o anche 4-2-4, secondo le fasi della gara e i movimenti e le letture che si devono applicare in campo) e comunque “altro”.
Mentre Napoli-Milan pareva ormai ostaggio di quello 0-2 e di vari altri accadimenti del primo tempo, nello spogliatoio Rudi Garcia è intervenuto, ha scomposto le teorie, ha messo al centro del villaggio la disperazione, ha tolto Elmas, ha afferrato Simeone e l’ha mandato in area, poi ci ha aggiunto in difesa Olivera a sinistra e Ostigard in mezzo ma senza alterare nulla almeno là dietro, ed è andato avanti a modo suo: Lobotka e Zielinski i riferimenti a cui abbeverarsi, Raspadori o tra le linee o anche al fianco del Cholito, Politano e Kvara larghi. E’ finita 2-2, con il terrore che Theo Hernandez e Calabria hanno spruzzato sullo stadio, con i rimpianti che Kvaratskhelia proprio all’ultimo secondo ha avvertito nella carne. Storie di calcio, ma già viste.
Per esempio, annotate a Marassi, altri brividi lungo la schiena, 1-0 prima di andare a prendere il tè, di togliere Elmas e inserire Politano (ancora 4-3-3 ma con propensione offensiva) e sul 2-0 Genoa, Raspadori per Anguissa e Olivera per Mario Rui: la prima punta era Osimhen, quella notte, ma i ritocchi servirono per produrre quel piccolo mutamento genetico ch’è rimasto nella testa dell’allenatore. E’ lecito starsene a riflettere e tentare di dare una svolta alla propria esistenza secondo tesi, teorie e teoremi che siano stati avallati dagli esperimenti: Salerno non è una passeggiata salutare e la classifica di Inzaghi rappresenta una bugia. Garcia sa che troverà una squadra riorganizzata secondo le convinzioni del SuperPippo, dovrà aggirare la capacità di difendersi e poi di ripartire di chi non può permettersi di
Aurelio De Laurentiis (74 anni), Zambo Anguissa (27 anni), Piotr Zielinski (29 anni) e Rudi Garcia (59 anni) smarrirsi ancora, e il Napoli ha nelle sue corde le alternative.
A due giorni dal derby di Salerno è allo studio una novità tattica
E poi adesso c’è Anguissa, che dei meccanismi degli uni e degli altri - è padrone assoluto, ha forza per fungere da protezione dinnanzi alla difesa, sradica palloni dalle riflessioni dei centrocampisti avversari, si inserisce, si abbassa e si allarga, è sostegno per Politano (il titolare di destra) e può con Zielinski e Lobotka combinare l’atteggiamento adeguato alla partita. E quindi, il 4-3-3 sta lì, come un mantra, una garanzia certificata dallo scudetto, dalla vocazione d’un Napoli ch’è stato costruito per stare dentro al tridente; ma, intanto, germoglia l’opzione 2, che potrà addobbare - ed è successo egualmente i vari momenti, lasciando scivolare Zielinski in avanti. E poi dicono che i numeri sono aridi.