Alcaraz, la fatica del giovane n.2
Sei tornei giocati negli ultimi quattro mesi, 16 vittorie e 6 sconfitte, di cui l’ultima arrivata l’altro ieri al primo turno del Masters 1000 di Bercy - la prima del suo 2023 - per un totale di zero titoli. Non è il ruolino di marcia di un anonimo n.50 del mondo, ma quello di Carlos Alcaraz, n.2 del ranking, che dopo il successo della scorsa estate a Wimbledon pare aver smarrito forma e tocco e punta ora verso
Torino con molti più dubbi che certezze. Sia chiaro, la sua stagione resta eccellente: sei titoli, un trionfo Slam più due altre semifinali a Parigi e New York e un totale di oltre 60 successi sono numeri più simili a quelli di un predestinato che a un giocatore adombrato dai dubbi. Ma i numeri, se molto rivelano, altrettanto celano e la sensazione, oggi che il murciano ha cominciato ad accusare i primi infortuni (lesioni e artriti su muscoli, mani e piedi e colonna vertebrale) e incassare le prime inattese sconfitte (Paul, Dimitrov e in ultimo Safiullin), è quella di un giocatore che pare aver perso quello status di invulnerabilità che ne aveva invece accompagnato l’incredibile ascesa della scorsa stagione.
Per quanto giovane, Alcaraz ha spalle larghe e testa salda per riuscire a superare questo periodo, e l’umiltà è categoria che non si vergogna di frequentare quando si tratta di dar spiegazioni sulle sue ultime uscite: «Congratulazioni, Roman! Lascio Parigi molto prima del previsto, ora è il momento di prepararsi per le Atp Finals di Torino», twittava ieri dai suoi social media, per poi aggiungere in conferenza stampa che ha “molta strada da fare per raggiungere il livello che sto cercando”.
Certo è che ora questa strada occorrerà capire come percorrerla, magari stilando calendari più agili e prestando maggiore ascolto al proprio fisico, trasformato dal lavoro svolto durante la off-season di fine 2021 e alle prese ora con le prime ammaccature. Imparare a conoscersi, quindi, così come ad accettare le sconfitte. Ma dietro le radiografie e i tabelloni, più difficile appare invece capire come il murciano riuscirà a gestire l'eredità di altre sconfitte - con Djokovic, ma soprattutto con Jannik Sinner - che se da un lato continuano a precludergli quel cambio della guardia tanto agognato, dall’altro gli rivelano quanto aspra sarà invece la corrida in un futuro di cui fino a dodici mesi fa si sentiva unico matador.