Guendouzi è implacabile Gila gladiatore
Ha vinto la Lazio, non ha solo perso il Bayern. Fior di squadra, quella di Tuchel, uscita a testa bassa. Notte travagliata all’Olimpico, leziosità di manovra dei suoi, non è riuscito a trasformare i limiti attuali in risorse. In Germania lo danno a rischio, deve iniziare a guardarsi dall’ombra dei papabili successori (si parla anche di Mourinho). Al ritorno, se sarà ancora in panchina, dovrà pensare una partita all’arrembaggio. Servirà un cambio di marcia per salvarsi.
Si è dovuto piegare al rigore di Immobile, l’ha strabattuto. Ha tolto il 2-0 a Pedro. S’è preso subito un rischio anticipando Ciro alla bell’e meglio. Un brivido glielo ha fatto correre Luis Alberto sparando un missile da fuori. Quando Isaksen, dopo l’intervallo, s’è presentato al suo cospetto, è stato insuperabile. Con il solito movimento stile futsal, un marchio di fabbrica.
Felipe è partito spavaldo dai blocchi, se l’è trovato di fronte, l’ha costretto a compiti speciali, a tribolati rammendi e recuperi.
Il rosso, un raptus. Imperdonabile l’errore che macchia la notte. Il morso di un cobra fino a quel momento. Aveva giocato addosso a Immobile, marcato compostamente e scompostamente. Mai in riserva di ossigeno e trucchi per stopparlo a tutto campo. Poi quella follia.
Mura Felipe nel finale, nel primo tempo aveva respinto un tiro di Guendouzi. Anche lui è stato sballottato nel secondo tempo, è uscito spossato. Nell’azione che ha portato al rigore è stato superato da Immobile, irresistibile. Proverbiale furore, come ai tempi del Napoli, non è bastato.
Quasi sempre al posto giusto contro Isaksen. A volte gli è stato appiccicato, altre l’ha mollato e il danese ha trovato forza e spazio per affondare. Accelerazioni e sbandate.
Suo il primo tiro della partita, uno squillo. Per il resto si è rifugiato in una melina che non ha fruttato molto al Bayern. Ci voleva un guizzo, qualcosa di speciale o qualcosa di diverso dal velo di polvere che si è posato sulla partita dei tedeschi nel secondo tempo.
Jamal Musiala contrastato da Adam Marusic
IL MIGLIORE
Fisicità mai disgiunta da una tecnica lusinghiera. Suo un passaggio d’oro che ha aperto la strada del gol a Musiala, ma il tiro s’è perso fuori. Ha offerto appetitose idee e ha sempre disturbato il palleggio dei centrocampisti della Lazio. Finale calando.
Scelto da Tuchel per rimpolpare la squadra dopo il rosso a Upamecano. La frittata era fatta, in 10, e l’ex difensore della Juventus non ha aggiunto né sottratto.
Si temeva un percorso netto sulla sua fascia, non c’è stato. I pericoli li ha creati, slalom e scatti, ma senza concretizzarli. Bello un sinistro nato da punizione, si è spento fuori.
Thomas Tuchel (50 anni), tecnico del Bayern Monaco
Non ha creato opportunità colossali, ma è stato tra i più ispirati nel propiziare le uniche palle gol confezionate dai tedeschi. Una, la sola del primo tempo di Kane, non è bastata all’inglese per spaventare Provedel. Uno degli ultimi ad arrendersi, il solito spirito. L’orgoglio della storia.
Tiri radenti o saettanti, ma senza inquadrare la porta di Provedel. Spirito e sprint fiammeggianti, ha regalato metri stuzzicanti soprattutto nel primo tempo. Nel secondo è stato fumoso, poco pericoloso. Comunque poco accompagnato. In linea con il tema della ripresa.
Un tiro alto, il suo biglietto da visita. Poi un primo tempo con tanti languori. L’ha vissuto aiutando i compagni, senza mai fermarsi. Nel secondo tempo s’è sentito abbandonato, l’ha trascorso stando al largo alla ricerca di un qualcosa che arriva mai. Romagnoli e Gila non gli hanno permesso di affacciarsi dalle parti di Provedel. Ha preso un fallo nel finale, s’è incaricato della battuta della punizione, è scivolato con il piede d’appoggio, deviata alle stelle. Non è mica stata la serata più fortunata della sua carriera in Champions.