Le tavole della legge del nuovo ct azzurro
Con il suo piede destro Gonzalo Quesada ha fatto sognare l’Argentina, ma con le chiacchiere non chiedetegli di far sognare l’Italia. Il nuovo ct azzurro vende solide realtà. Niente «Vinceremo il Sei Nazioni in cinque anni» (John Kirwan) o «Con me sarà l’Italia più forte di sempre» (Conor O’Shea). Qui si fanno i fatti e i fatti dicono che: «A tutti i livelli, l’Italia è in ritardo rispetto alle altre nazioni e deve lavorare per raggiungerle» ha detto Quesada a “Midi Olympique”. Non ci voleva un mago, ma lui dopo quattro mesi ha già le idee chiare su dove bisognerebbe incidere: 1) «Ci servono più giocatori impegnati al più alto livello»; 2) «Dobbiamo continuare a sviluppare gli italiani. Va curata la formazione umana, tecnica, fisica, la leadership»; 3) «Ai ragazzi va garantito un asse di sviluppo. In Francia la regola sui Jiff (acronimo per “giocatori di formazione francese”; ndr) ha cambiato il rugby. A noi serve una base di professionisti italiani. Un francese a 20 anni ha già due-tre stagioni da pro’ in Top 14 perché in campionato i club devono schierare almeno il 70% di Jiff. Se noi arrivassimo a far giocare tutti i weekend l’80% di italiani con Treviso, Zebre e in Serie A d’Elite, nel breve termine avremmo una crescita molto marcata». Difficile contestarlo: otto anni fa la Francia chiudeva nona la Coppa del Mondo U.20, ora ha vinto le ultime tre...
Il nostro problema, e non da oggi, è proprio la transizione. A livello giovanile siamo a livello delle migliori d’Europa. Nelle ultime due stagioni l’Under 20 ha sconfitto due volte l’Inghilterra e una il Sudafrica (a casa sua...) e venerdì sera s’è regalata per la prima volta lo scalpo della Francia tri-campione: 2320 a Beziers (!). Siamo (con il Galles) la squadra più giovane del Sei Nazioni, continuiamo a lanciare nuovi talenti, ma lo facciamo in un contesto “perdente”, che non li lascia maturare nei tempi giusti. Così si bruciano solo prospetti e risorse. Mai come in questa fase l’Italia deve fare squadra: la FIR assicurando stabilità ed efficacia alla piramide; franchigie e club rinunciando a qualche straniero di scarto (e magari a una vittoria in più) per dare spazio ai talenti sfornati dalla filiera federale (ottusa in tal senso l’opposizione di una parte della A d’Elite); Quesada traendo il massimo dalle risorse a sua disposizione. Altre scorciatoie non esistono.