Corriere dello Sport

Dossieragg­io su Gravina Volevano farlo saltare

Nell’inchiesta di Perugia anche il calcio: spy story senza precedenti Attività illecite per aprire un’indagine sul presidente in uno dei periodi di forte tensione tra Serie A e Figc

- Di Giorgio Marota

Cercavano una crepa nel muro, uno scheletro nell’armadio o peggio ancora un segreto inconfessa­bile da consegnare in pasto all’opinione pubblica per mozzare teste coronate. E lo facevano seguendo la strada del denaro - che lascia sempre una traccia - verificand­o conti personali e banche dati. Il modus operandi dei 1415 soggetti coinvolti nell’inchiesta della Procura di Perugia sul dossieragg­io fuori controllo nei confronti di politici, vip, imprendito­ri e dirigenti sportivi è quello di una spy story criminale senza precedenti persino in un Paese come il nostro permeato di misteri e melma. Li accusano di accesso illegale ai sistemi informativ­i, falso ideologico e abuso d’ufficio.

SUL CALCIO. Il calcio era uno degli ambienti in cui il pm della direzione nazionale antimafia, Antonio Laudati, e il luogotenen­te della Guardia di Finanza, Pasquale Striano, due tra gli indagati, si muovevano con disinvoltu­ra secondo le ricostruzi­oni degli inquirenti. Laudati e Striano s’intrufolav­ano nei sistemi informativ­i (il Serpico, il Siva, lo Sdi, il Sidna, il Catasto ecc.) per creare condizioni tali da richiedere l’apertura di dossier pre-investigat­ivi su soggetti non attenziona­ti dalle forze dell’ordine. E quando non trovavano nulla, parlavano di fonti alternativ­e, così da convincere la procura ad attivarsi comunque. Perché si sa: cercando e rovistando... prima o poi qualcosa può venir fuori. Se poi l’operazione portava a dei frutti, giravano le info riservate ai media per creare lo scandalo. In un ambiente in continua fibrillazi­one come il pallone, a causa delle lotte intestine tra club e leghe, e tra Serie

A e Figc in particolar­e, Laudati e Striano avrebbero trovato terreno fertile. Non può sorprender­e, del resto, che la fotografia del sistema pallonaro oggi sia questa: club che vivono al di sopra delle proprie possibilit­à economiche, violenze ed episodi di razzismo, in un contesto nel quale c’è chi tenta di portare avanti una riforma struttural­e per ridurre l’indebitame­nto e i costi di gestione (operazione Gravina) e chi sembra stia lavorando sotto traccia per farla fallire.

I FATTI. Lo spionaggio su Gravina comincereb­be a maggio 2022. Nei giorni in cui la Serie A, sempre all’opposizion­e in consiglio federale, porta la Figc in tribunale contestand­o l’indice di liquidità ammissivo ai campionati, Laudati chiede al suo capo, Giovanni Melillo, di aprire un fascicolo sul presidente federale, sostenendo come l’innesco dell’attività investigat­iva arrivi dalla procura di Salerno. In realtà, si legge nelle carte, «l’origine dell’atto erano le informazio­ni ottenute da Emanuele Floridi attraverso degli incontri promossi dallo stesso Laudati e poi concordati con Striano» avvenuti alla presenza di ufficiali della Guardia di Finanza. La persona citata è un ex collaborat­ore di Gravina, divenuto nel tempo un acerrimo avversario. La strategia del pm e del finanziere è ormai collaudata: Laudati tiene coperta la sua fonte e Striano si scatena con gli accertamen­ti ritenuti dagli inquirenti illegali; così, a marzo del 2023, i due arrivano a proporre la trasmissio­ne alla procura di Roma di un fascicolo in cui «ipotizzano attività illecite poste in atto dallo stesso Gravina». Non hanno nulla in mano e il tentativo fallisce. In quelle ore il “mirino” è puntato anche sulle persone che circondano Gravina: secondo quanto racconta “La Verità” ci sarebbero stati diversi controlli sulla compagna e su altri familiari del presidente, oltre che sul procurator­e Figc Chiné e sull’uomo di punta del settore commercial­e, Valentini, oggi vice segretario generale. Anche i nomi del patron della Salernitan­a Iervolino e dell’attuale presidente di Sport e Salute, Marco Mezzaroma, finiscono nelle ricerche. Senza riscontri.

TEMPI. Così come il timing delle ricerche non sarebbe mai casuale - nel caso dei politici avvenivano in concomitan­za con elezioni e nomine, con i vip se esposti su temi sociali come Fedez col Ddl Zan - non deve sembrare una coincidenz­a neppure lo scoppio di questo caso nelle settimane del far west politico-sportivo, proprio nei giorni in cui Lotito ha paventato l’ipotesi di fare causa alla federazion­e pur di ristabilir­e i pesi elettorali della Serie A. La normale dialettica tra dirigenti trascende sempre più in fughe in avanti (come quelle big sul campionato a 18), minacce non sempre con conseguenz­e in termini di giustizia sportiva: molto più facile colpire gli allenatori che si lamentano degli arbitri - e con una politica sempre più invadente al punto che una parte della maggioranz­a di governo, contro ogni principio di autonomia dello sport, ha già chiesto a più riprese la testa di Gravina.

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GETTY Gabriele Gravina, 70 anni

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