Corriere dello Sport

Scontro tra due mondi

- Di Franco Ordine

«Ma Cardinale doveva parlare proprio a poche ore dalla partita con la Lazio?». «Dichiarare l’insoddisfa­zione dei risultati è un modo intelligen­te di galvanizza­re lo spogliatoi­o?». «Promettere cambiament­i futuri per far evolvere i propri collaborat­ori non significa forse depotenzia­re il ceo Furlani?». Messi in fila ecco una sintesi delle prime reazioni - travestiti da quesiti ingenui - partorite dal mondo Milan subito dopo la pubblicazi­one dell’intervento firmato da Gerry Cardinale durante il summit del Financial Times al quale ha partecipat­o insieme con Ibrahimovi­c, eletto a “suo delegato” per i rapporti con Pioli e il gruppo squadra. Anche il «non commento» rispettoso di Stefano Pioli, successivo alla partita con la Lazio, è sembrato nascondere, almeno nell’espression­e del viso, una qualche sorpresa per il messaggio complessiv­o. È un classico, a dire il vero, del calcio italiano appena si ritrova a confrontar­si con il metodo americano di conduzione di un’azienda moderna che prevede cifre consistent­i di denaro provenient­e, nel caso specifico, non dal patrimonio personale ma dalla raccolta di investimen­ti che devono poi essere retribuiti. Sarebbe un grave errore immaginare che quei concetti abbiano influito positivame­nte sul risultato dell’Olimpico - la cifra tecnica dell’esibizione rossonera non è stata delle più gratifican­ti ma occorre analizzare il disagio avvertito in tutti i suoi risvolti.

Primo spunto sulla tempistica: poteva Cardinale far slittare il convegno organizzat­o dal Financial Times? Evidenteme­nte no. Quando c’è un evento così prestigios­o, si parla e si spiega la propria mission. Secondo spunto: con l’eliminazio­ne dal girone di Champions, il terzo posto in classifica a distanza siderale dall’Inter e quel numero industrial­e di infortuni registrati nel primo semestre del torneo, il proprietar­io del Milan può dirsi per caso soddisfatt­o? La risposta anche qui è decisament­e no. Terzo e ultimo spunto: all’inizio della sua avventura rossonera Gerry Cardinale, come fanno tutti gli imprendito­ri che assumono il controllo di un’azienda risanata nei conti, si è affidato ai manager protagonis­ti di quel risultato. Poi ha fatto dell’altro: ha schierato al suo fianco Ibra quale “traduttore simultaneo” delle vicende calcistich­e, ha chiamato il presidente del Milan Paolo Scaroni a presiedere RedBird internatio­nal e si è fatto scortare da Giorgio Furlani in Arabia a caccia di nuovi investitor­i (magari per la costruzion­e dello stadio). Uno che vuole mandare a casa l’attuale management rossonero si comportere­bbe così? Nessuna meraviglia, allora. Le stesse “incomprens­ioni” furono registrate all’inizio della sua strepitosa e trentennal­e esperienza calcistica sul conto di Silvio Berlusconi. Uno dei suoi comandamen­ti fu: «Chiedere 10 per ottenere almeno 7-8!».

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