Corriere dello Sport

Un’astronave diretta su Marte

- Di Alberto Polverosi ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’Inter ieri ha fatto su e giù da Marte. La prima novità è che fino al minuto 23 non si era ancora presentata in partita. Strano, no? La seconda, ancora più clamorosa, è che un paio di minuti dopo il Genoa ha avuto una doppia palla-gol con Retegui e Gudmundsso­n. Ancora più strano. La terza arriverà nel secondo tempo. Senza alcun preavviso, la capolista era scesa dal suo pianeta e aveva preso sembianze umane. Poco incisiva, poco tecnica, poco veloce, tanto, troppo diversa da quella che aveva stracciato tutte le sue avversarie dall’inizio dell’anno. Mezz’ora di banale normalità, poi l’Inter è tornata sulla sua astronave ed è decollata di nuovo, direzione Marte. Ha segnato con la prima azione degna della sua grandezza: un tocco di Barella, un assist di Sanchez, una botta sotto la traversa di Asllani. Sanchez e Asllani, due riserve: viene quasi da ridere. Riserve quei due... Pochi minuti ancora e dopo l’assist anche il gol di Sanchez, su rigore. Ben prima della fine del primo tempo l’Inter era tornata l’Inter.

Di nuovo inarrestab­ile in quel fantastico quarto d’ora. Se non fosse per i gol che segna e lo spettacolo che produce ogni volta, ci annoierebb­e. E’ una squadra monotona, nel senso ampio della parola, ha un solo tono, ma così alto da risultare irraggiung­ibile per tutte le altre squadre della Serie A. Battuto, seppure a fatica, anche il Genoa, quindici punti di vantaggio sulla Juventus, uno di più sul Milan, settantadu­e in classifica quanti ne aveva fatti in tutto il campionato scorso. Ha dei numeri impression­anti che però non rendono pienamente l’idea di cosa sia diventata questa squadra. Tanto per dire è quella che nei primi cinque campionati d’Europa ha segnato di più: 69 volte, quattro più del Bayern, cinque più del Liverpool, quindici più del Paris Saint Germain. Del resto nelle ultime cinque gare di reti ne ha fatte diciotto.

Quando gioca l’Inter ti metti davanti alla tv e aspetti il gol sapendo che tanto arriverà, esattament­e come succedeva l’anno scorso col Napoli. E quando accade, come ieri sera, che il gol sia in ritardo rimani sorpreso. Se poi gli avversari creano una doppia bella occasione tipo quella del Genoa allora sì che resti disorienta­to. La realtà è che l’Inter non tradisce, nemmeno quando gli avversari non hanno nessuna intenzione di mollare. Con la vittoria sul Genoa diventano nove di fila in campionato (Conte era arrivato a undici), dodici comprese le coppe, è una squadra che non ha pause, capace di risolvere i problemi che ieri Gilardino le ha creato nella prima mezz’ora e che ha continuato a creare nella ripresa quando, ecco la terza novità (ed ecco di nuovo l’Inter da marziana a terrestre), Vasquez ha riaperto la sfida con un gran sinistro e Vitinha ha segnato anche il 2-2, ma in fuorigioco. Far paura all’Inter, a questa Inter, è già un titolo di merito, ampiamente guadagnato da Gila e i suoi ragazzi.

Ora le attese prendono più spessore. La Serie A sta stretta a questa squadra, ma prima di vedersela con l’Atletico Madrid in Champions, il vero terreno dove misurarsi con le pari-grado, deve andare a Bologna e sfidare la seconda formazione più in forma del campionato. La prima resta sempre l’Inter, però Bologna è una tappa significat­iva nella corsa allo scudetto-lampo che Inzaghi spera di festeggiar­e prima di un grande finale europeo. E a proposito di feste, Simone ieri ha raggiunto le 300 panchine in Serie A, da allenatore di Lazio e Inter ha vinto 179 volte, nessuno ha mai toccato quella cifra nello stesso arco di tempo.

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