Corriere dello Sport

Brown: Napoli città pazza e bellissima

- di Fabrizio Fabbri ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Èstato uno degli eroi della conquista della Coppa Italia. Di lui si è parlato, e sorriso, per aver... allungato le orecchie quando si è unito ad un time out di Messina nei minuti finali della sfida tra Milano e Napoli.

Poi però i titoli per Markel Brown sono stati per la prova favolosa di domenica scorsa contro Treviso: 31 punti, con un immacolato 16/16 ai liberi, 9 rimbalzi, 3 recuperi e 3 assist per un 39 di valutazion­e da prima pagina.

RITMO. «Era la prima partita dopo la vittoria in Coppa Italia e all'inizio eravamo un po’ fuori ritmo. Così ho pensato di dare una mano. La nostra è una squadra piena di talento dove ognuno di noi può essere protagonis­ta».

Resta il fatto che il giocatore visto in campo domenica all'ora di pranzo sembrava immarcabil­e. «Sono sempre stato uno che lavora duro in allenament­o per provare a giocare il suo basket migliore. Cerco di mettere tanta intensità e so di avere buone qualità fisiche. Quella contro Treviso però penso sia stata proprio la mia serata».

Certamente la vittoria in Coppa Italia ha dato alla Generazion­e Vincente una bella iniezione di autostima. «Conquistar­e un trofeo così importante è stato molto importante per noi, per il club, per i tifosi. Noi sappiamo dall'inizio della stagione cosa vogliamo».

Così tanto che nel gruppo, salendo a Torino, qualcuno diceva che si poteva entrare in finale. «Abbiamo tanti giocatori di talento e con esperienza. Non ci davano certo per favoriti da fuori ma noi dentro il gruppo conosciamo il nostro valore ed eravamo consapevol­i di poter battere chiunque. E così è successo».

“SPIARE”. Chissà che il merito non sia stato suo per aver ascoltato di soppiatto cosa Messina volesse dai suoi nelle fasi decisive. «Non mi ero accoro subito che era stato chiamato un time out. Mi trovavo vicino alla panchina dell'Armani e così...ho deciso di impicciarm­i un po’, niente di esagerato».

Ora è uno degli idoli di Napoli. «Ho accettato di entrare in corsa perché è una società ambiziosa, dove ero sicuro di trovare il giusto collocamen­to. Conoscevo alcuni dei ragazzi. Non è stata una scelta difficile in fondo». Anche perché sotto il Vesuvio ha incontrato un coach come Milicic. «Mi piace il suo modo di comunicare e come fa giocare la squadra. Siamo aggressivi e ci piace correre. Un tipo di basket che esalta le mie qualità che piace ai giocatori ed ai tifosi». Tanto quanto la splendida città in cui ora segna e fa sognare. «Napoli è bellissima, con della gente un po’ pazza, divertente ed accoglient­e. Mi sono sentito subito a casa. E non parliamo del cibo. Devo ancora conoscerla bene ma una cosa la so: appena ci sarà un po’ di sole voglio godermi il mare che è fantastico».

Magari pensando ancora alla NBA. «No, ho smesso di pensarci, non è più un obiettivo. Probabilme­nte lì non mi divertirei come posso fare ora qui a Napoli. Preferisco affrontare nuove esperienze e dare il massimo senza rimpianti». Si ispira a qualcuno di famiglia. «Mio zio giocava e grazie a lui ho deciso da piccolo di prendere un pallone da basket in mano. Ma se devo pensare a un modello allora dico Tracy McGrady o Dwayne Wade».

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