Juan Jesus attende: ha già deposto
Juan Jesus è stato ascoltato dalla procura federale in merito ai fatti di San Siro, di Inter-Napoli: all’ufficio coordinato da Chiné, ovviamente, ha confermato tutto quello che domenica aveva anticipato in campo all’arbitro La Penna; ribadito nel corso delle interviste post partita; e ripetuto, lunedì, con un post sui social pieno di particolari. Comprese le frasi attribuite ad Acerbi che hanno innescato la sua reazione composta ma ferma - e innescato l’indagine della procura. Juan ha preteso privacy e l’ha anche difesa senza più sfiorare l’argomento, se non al cospetto della procura di Chiné. Soltanto passaggi ufficiali e istituzionali, punto: probabilmente l’atteggiamento più logico considerando la delicatezza della situazione e dell’argomento.
IN CAMPO. Juan Jesus, domenica, non è rientrato a Napoli da Milano a bordo del charter della squadra dopo la partita, come quasi tutti i suoi compagni; ieri, poi, è tornato in campo al centro sportivo di Castel Volturno insieme con i colleghi, dopo i tre giorni di relax concessi da Calzona. Lavoro e via. E la richiesta di rispettare la riservatezza imposta dall’inchiesta, e dal suo buon senso, ribadita a tutti quelli che hanno provato a carpire qualche dettaglio di queste giornate complesse, impegnative. Un’esperienza che avrebbe decisamente evitato.
IL MESSAGGIO. Il Napoli, invece, ha continuato la campagna di sensibilizzazione intrapresa dalla prima scena senza alcun riferimento polemico: anche ieri il club ha pubblicato via social uno slogan eloquente, «Abbracciamo l’uguaglianza. Contro il razzismo, tutti gli occhi contano», a corredo di un video con i volti e la forza degli sguardi del nigeriano Osimhen; dello svedese Cajuste; del danese Lindstrom;
dello slovacco Lobotka; dell’uruguaiano Olivera; dell’italiano Meret; dell’ivoriano Traore; dei brasiliani Natan e Juan Jesus. JJ, l’ultimo viso della sequenza conclusa con un messaggio universale uguale in tutte le lingue del meltin’ pot azzurro: «No to racism». No al razzismo. La posizione della società, insomma, è stata sempre uguale, chiara e assolutamente saggia in un momento pieno di elettricità: distensione, slogan positivi, messaggi e video didattici come quello in cui proprio Juan Jesus parla con Mohamed Mane Seik, attaccante delle giovanili classe 2009. «I razzisti hanno un cervello piccolo», una delle frasi del loro dialogo. Il simbolo.
Il club azzurro intanto prosegue la sua campagna antirazzismo