Guarda e impara Bove sarà l’uomo in più
Stimato da De Rossi, gioca di meno da quando sono tornati tutti i titolari In campo dall’inizio solo in 4 delle ultime 13 partite Studia i segreti dei big, sarà un jolly nel gran finale
Il suo motto, lo è sempre stato, è “testa bassa e pedalare”. E imparare. Perché Edoardo Bove, a soli ventuno anni, sa che la strada da percorrere è ancora tanta per crescere, alzare ulteriormente il suo livello, diventare un indispensabile della Roma e conquistare la Nazionale. Per questo non si è adagiato sugli allori quando per metà stagione è stato uno dei titolari della squadra, per questo non si è abbattuto quando è tornato a vedere con maggiore frequenza le partite dalla panchina. Il calcio è questo, così come il percorso di un ragazzo che inevitabilmente ha bisogno anche di queste fasi per continuare a maturare come giocatore e come uomo. Edoardo non si è mai montato la testa, è rimasto lo stesso “bambino” che in punta di piedi si è affacciato in prima squadra tre anni fa e che ha visto in Mourinho un secondo padre, sicuramente il miglior maestro per approcciarsi al calcio dei grandi. E non è un caso che al momento del suo esonero sia stato tra quei giocatori (il primo, perché si trovava a Trigoria) a versare lacrime per il suo addio. Il “cane malato”, così lo aveva battezzato lo Special One per la sua grinta, la sua fame, la determinazione ad arrivare su ogni pallone, la tenacia nel mordere le caviglie degli avversari. Ma anche per inseguire a tutti i costi quegli gli obiettivi che si era prefissato a inizio stagione fino a meritarsi la maglia da titolare che il portoghese gli aveva affidato.
DA MOU A DDR. Poi il cambio in panchina, e Bove lì ha vissuto un altro sogno ad occhi aperti. De Rossi, il suo idolo da romano e romanista. Meglio di così non si può sebbene sotto la nuova gestione abbia visto meno il campo, pur apprezzando il lavoro di DDR. «La bravura credo sia nella costanza di continuare a lavorare, non solo per migliorare ma anche per continuare un tipo di lavoro iniziato», le parole di Edoardo. Testa sulle spalle, sempre, anche se inevitabilmente ogni giocatore ha voglia di scendere in campo il più possibile. Del resto con Mou aveva giocato 20 partite da titolare in 26 presenze (rimanendo fuori soltanto in due gare), mentre con De Rossi ha giocato quattro partite dal primo minuto più cinque spezzoni di gara. E quattro partite (una per squalifica) senza mettere piede in campo.
Il centrocampista ha un bel rapporto con il nuovo tecnico Aspetta il suo turno
RIPARTENZA. «Ci sono momenti in cui si gioca un po’ di più e altri meno. Non ho problemi, sono tranquillo. Quando ho l’occasione, cerco di dare sempre il massimo. Per un calciatore penso che questo sia importante». Parole che hanno fatto piacere a De Rossi che stima il ragazzo e con il quale sta portando avanti un lavoro intenso in allenamento. Perché Edoardo resta un patrimonio della Roma e un elemen
to utile da sfruttare in questo ultimo tour de force tra campionato ed Europa League. Il tecnico adesso sta facendo affidamento su un centrocampo d’esperienza: Cristante-Paredes-Pellegrini, un trio che fin qui ha funzionato nel migliore dei modi e che sta reggendo il ritmo delle tante partite portando gol, copertura e qualità. Il gioco delle figurine (quindi il cambio ruolo per ruolo) sta funzionando: Bove in questo momento ha spazio quando uno tra Cristante e Paredes è indisponibile. In ogni caso il suo contributo sarà essenziale a partita in corso in queste prossime sfide tra Lecce, Lazio, Milan e Bologna. Quando DDR avrà bisogno di mettere grinta e polmoni in campo, quando avrà bisogno del suo “cane malato”.