L’orgoglio ferito dei campioni
Abracadabra: ora ci sono, domani non più. O magari chissà. Il presente del Napoli, dei giocatori che si apprestano a giocare le ultime sette partite della stagione prima di dare un saluto e un bacio alle maglie con lo scudetto, è una specie di gioco di prestigio: qualcuno vorrebbe sparire, qualcuno sparirà a suon di milioni e qualcuno è già sparito con uno schiocco di dita (è il caso di Zielinski, all’Inter da svincolato, a zero). Il quadro è questo, inutile fingere: il gruppo è sano, non è una questione di fratture, ma la stagione ha seminato strascichi inevitabili. Il campionato, però, non è ancora finito e il club spera ancora nell’ultimo obiettivo possibile dopo aver perso scudetto, Champions e Coppa Italia agli ottavi: c’è un’Europa da conquistare e un futuro da scrivere con le mani dei presenti.
L’ORGOGLIO. Il secondo tempo di Monza ha spiegato chiaramente quanto Osimhen sia fondamentale nei momenti critici se l’uomo volante va in cielo, gli altri saltano con lui - e anche che certe reazioni non possono essere casuali. Se il Napoli tira fuori l’anima del Napoli che sa vincere e schiacciare sassi e avversari, la qualificazione in Europa per il quindicesimo anno consecutivo è ancora una missione possibile. Servono testa, carattere e l’orgoglio ferito dei campioni (ex): dal Frosinone al Lecce, passando per Empoli, Roma, Udinese, Bologna e Fiorentina. Tre partite in trasferta e quattro in casa: domani ci saranno più di 50mila tifosi tutti azzurri, parecchio disillusi ma comunque presenti. Tutto è rivolto al presente. È la base del futuro.