Corriere dello Sport

La bellezza del brivido di Gros

- di Massimilia­no Gallo

Ètornato tutto al suo posto. Come se nulla fosse accaduto. Come se la macchina del tempo avesse saltato un anno. Mancava l’ultimo tassello: il comunicato in rima baciata degli ultras contro Aurelio De Laurentiis. Ieri è caduto l’ultimo ostacolo che ancora resisteva alla restaurazi­one della Napoli calcistica del 2022 anno che ha preceduto l’esperienza mistica dello scudetto. Quando la città era tappezzata di striscioni contro la società. Uno è passato alla storia. Derideva l'acquisto del difensore sudcoreano che aveva lo stesso cognome di una marca di sigarette: Kim.

Forse è anche per questo che il presidente produttore ha impiegato un anno per partorire il film dello scudetto che uscirà in sala il prossimo 4 maggio ossia la data in cui dodici mesi fa esplose la città. Sembra un’operazione fuori tempo, e in effetti lo è. Porta con sé un effetto nostalgico e straniante. Ma risponde a un’esigenza: ricordare quel che è stato e che è stato frettolosa­mente dimenticat­o, sommerso da una stagione balorda in cui pare quasi che il club si sia messo d’impegno per smentire quanto di buono è stato scritto e detto sul tricolore riportato a Napoli dopo trentatré anni. In un rabbioso impeto autolesion­istico, è stata fatta a pezzi la narrazione che ha giustament­e elogiato la programmaz­ione e l’attenzione al bilancio che hanno consentito di trionfare nonostante la piazza ostile. Senza debiti non si vince, è sempre stato questo il refrain. Smentito da Aurelio De Laurentiis.

Che ora si ritrova quasi al punto di partenza. Il tricolore resterà sulle maglie fino al 26 maggio. Anche se già tra due settimane potrebbe essere un tricolore scaduto come un qualsiasi prodotto alimentare. Dev’essere un uomo che ama le sfide, il presidente del Napoli. Uno di quelli che inconsciam­ente detesta le comfort zone. Che sposta l’asticella sempre più in alto.

Che ha bisogno fisico di avversari. Il rumore dei nemici lo chiamava il portoghese oggi innominabi­le. Di rendita De Laurentiis non vuole vivere. Ama distrugger­e per poi provare il brivido dell’incertezza della ricostruzi­one. Del resto è lui che a ogni occasione ricorda di essere un imprendito­re, uno che rischia in prima persona, non un prenditore. È in questo lembo di terra - quella dell’incertezza, senza punti di riferiment­o - che ora si trova. Ed è fisiologic­o che una delle specie animali più conservatr­ici che ci siano, la tifoseria, gli si rivolti nuovamente contro. È stata un’annata indigeribi­le per chi vagheggiav­a inizi di ciclo. Senza fermarsi a pensare che quel ciclo virtuoso lo stavano vivendo da oltre dieci anni. Lo scudetto del Napoli non è stato il campionato del Leicester. Solo i post vittoria sono stati simili.

Il 4 maggio, col film, si conclude l’anno di festeggiam­enti. Una delle sbornie più lunghe della storia. Dopodiché si tornerà a volare. Senza paracadute. Come quei calciatori che giocavano senza parastinch­i. O come Piero Gros che si lanciava sulla neve senza occhiali e cappellino. Solo col segno della croce. Sono quelli che senza brivido non sanno vivere.

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