Un Natale indimenticabile
Caro Direttore,
con la scomparsa di Natale Bianchedi il calcio italiano perde non solo un osservatore e un tecnico di grande competenza, ma soprattutto un personaggio irripetibile per intelligenza e simpatia. Il mio è un ricordo in chiave azzurra, attraverso tanti anni vissuti insieme durante la gestione di Arrigo Sacchi come Commissario tecnico.
Non scommetteva sui nuovi talenti, Natale: piuttosto, aveva l’occhio lungo e infallibile di chi sa capire prima degli altri le potenzialità e il futuro di ragazzi di belle speranze, pescati magari nei campionati della Lega Dilettanti.
Per conoscere i segreti delle squadre da affrontare, Sacchi si fidava solo di lui, prima al Milan e poi in Nazionale dove diventammo subito amici: armato di binocolo e capace di camuffarsi per poter spiare da semplice tifoso allenamenti e moduli tattici degli avversari, Natale apparteneva per certi versi a quell’epoca del calcio romantico e non robotizzato che riusciva a tenere insieme lavoro, passione e divertimento, sempre sul filo dell’ironia e senza rinunciare ai piaceri della vita.
Nato a Ravenna 87 anni fa, dei romagnoli aveva la carica umana e la forte empatia, con il gusto della battuta e quell’aria sorniona da “sciupafemmine” che esercitava il suo fascino per coltivare tenacemente i rapporti con il pianeta donne. Era difficile che da un incontro galante, ancorché casuale, uscisse senza aver incamerato il numero di telefono della ragazza che stava marcando. Un investimento, lo definiva da amabile impunito qual era.
Altro che a zona, come predicava sul campo Arrigo
Sacchi, lui giocava a tutto campo. Si era legato, non più giovanissimo, alla sua professoressa del liceo - “la mia Teresa” - che negli anni era diventata per lui una seconda Mamma, paziente e protettiva.
Nel lavoro di osservatore sbagliava poco e aveva il fiuto del grande segugio. Dalle sue relazioni allo staff tecnico della Nazionale partivano Sacchi e i suoi vice di allora, Carlo Ancelotti e Gedeone Carmignani, per decidere formazione e tattica contro le squadre avversarie. Riferiva puntualmente sui sistemi di allenamento degli altri, sugli schemi per punizioni e calci d’angolo, ma non era solo un ragioniere: ci metteva quella notazione in più, quella intuizione o quel suggerimento che facevano la differenza.
Tra i collaboratori di Sacchi, nel suo primo periodo da CT, c’era anche Francesco Rocca. Come temperamento e come carattere, il mitico Kawasaki e Natale erano agli antipodi: così diversi da creare nei lunghi ritiri azzurri un’atmosfera leggera, utile anche a stemperare le tensioni pre-gara.
Con Gigi Riva, team manager della Nazionale, avevamo inventato un siparietto quotidiano, certificando che i due fossero perfettamente incompatibili ma complementari, in grado di garantire una copertura 24 ore su 24: quando all’alba Natale andava a dormire, entrava in azione Francesco, già in palestra alle prime ore del giorno.
In maniera divertente e irrituale, avevamo istituito un classico cambio della guardia nel quartier generale degli azzurri.