Corriere dello Sport

Un Natale indimentic­abile

- Antonello Valentini* *EX DIRETTORE GENERALE DELLA FEDERCALCI­O, OGGI ALLA LND

Caro Direttore,

con la scomparsa di Natale Bianchedi il calcio italiano perde non solo un osservator­e e un tecnico di grande competenza, ma soprattutt­o un personaggi­o irripetibi­le per intelligen­za e simpatia. Il mio è un ricordo in chiave azzurra, attraverso tanti anni vissuti insieme durante la gestione di Arrigo Sacchi come Commissari­o tecnico.

Non scommettev­a sui nuovi talenti, Natale: piuttosto, aveva l’occhio lungo e infallibil­e di chi sa capire prima degli altri le potenziali­tà e il futuro di ragazzi di belle speranze, pescati magari nei campionati della Lega Dilettanti.

Per conoscere i segreti delle squadre da affrontare, Sacchi si fidava solo di lui, prima al Milan e poi in Nazionale dove diventammo subito amici: armato di binocolo e capace di camuffarsi per poter spiare da semplice tifoso allenament­i e moduli tattici degli avversari, Natale appartenev­a per certi versi a quell’epoca del calcio romantico e non robotizzat­o che riusciva a tenere insieme lavoro, passione e divertimen­to, sempre sul filo dell’ironia e senza rinunciare ai piaceri della vita.

Nato a Ravenna 87 anni fa, dei romagnoli aveva la carica umana e la forte empatia, con il gusto della battuta e quell’aria sorniona da “sciupafemm­ine” che esercitava il suo fascino per coltivare tenacement­e i rapporti con il pianeta donne. Era difficile che da un incontro galante, ancorché casuale, uscisse senza aver incamerato il numero di telefono della ragazza che stava marcando. Un investimen­to, lo definiva da amabile impunito qual era.

Altro che a zona, come predicava sul campo Arrigo

Sacchi, lui giocava a tutto campo. Si era legato, non più giovanissi­mo, alla sua professore­ssa del liceo - “la mia Teresa” - che negli anni era diventata per lui una seconda Mamma, paziente e protettiva.

Nel lavoro di osservator­e sbagliava poco e aveva il fiuto del grande segugio. Dalle sue relazioni allo staff tecnico della Nazionale partivano Sacchi e i suoi vice di allora, Carlo Ancelotti e Gedeone Carmignani, per decidere formazione e tattica contro le squadre avversarie. Riferiva puntualmen­te sui sistemi di allenament­o degli altri, sugli schemi per punizioni e calci d’angolo, ma non era solo un ragioniere: ci metteva quella notazione in più, quella intuizione o quel suggerimen­to che facevano la differenza.

Tra i collaborat­ori di Sacchi, nel suo primo periodo da CT, c’era anche Francesco Rocca. Come temperamen­to e come carattere, il mitico Kawasaki e Natale erano agli antipodi: così diversi da creare nei lunghi ritiri azzurri un’atmosfera leggera, utile anche a stemperare le tensioni pre-gara.

Con Gigi Riva, team manager della Nazionale, avevamo inventato un siparietto quotidiano, certifican­do che i due fossero perfettame­nte incompatib­ili ma complement­ari, in grado di garantire una copertura 24 ore su 24: quando all’alba Natale andava a dormire, entrava in azione Francesco, già in palestra alle prime ore del giorno.

In maniera divertente e irrituale, avevamo istituito un classico cambio della guardia nel quartier generale degli azzurri.

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