Corriere dello Sport

Il reale valore della prestazion­e

- Di Ivan Zazzaroni

Martedì la Juve ha giocato piuttosto male, ma con una rete casuale all’83’ ha tolto la finale di coppa Italia alla Lazio che l’avrebbe meritata. Ieri ha messo sotto il Milan, specie nella ripresa, ma non ha trovato il gol, ha ottenuto un solo punto e adesso rischia addirittur­a il terzo posto: sente il fiato del Bologna di Thiago Motta. Tra un paio d’ore qualcuno si ricorderà della prestazion­e della squadra di Allegri? Ho i miei dubbi. In questi giorni ho però sentito commenti positivi sulla prova dei bianconeri all’Olimpico: il risultato droga i cervelli, anche i più sani.

Juve-Milan è stata la partita-sintesi dei nostri paradossi e pregiudizi culturali: si sono affrontati due grandi profession­sti travolti dallo stesso destino (nell’oscuro mare delle emergenze economiche) pur se per motivi diametralm­ente opposti. Alla fine Allegri pagherà l’ordinariet­à di questa Juve, non i risultati (lo scudetto con Gatti, Weah, Kostic, Locatelli, Iling-Junior e Alex Sandro non sarebbe riuscito nemmeno a David Copperfiel­d): Max ha infatti portato a casa tutto quello che gli era stato chiesto in estate dall’Azienda; Pioli perderà il posto per i risultati, non per il gioco che è stato a lungo tra i più brillanti del campionato.

Questo può significar­e soltanto due cose: che i dirigenti di Juve e Milan non sono tra i più competenti calcistica­mente e quindi condiziona­bili anche dai malumori dei tifosi, ma non voglio pensare che sia così. Oppure che, al di là delle pressioni di piazza, social, opinionist­i e antipatizz­anti, viviamo in un

Paese per certi versi

- calcistici - confuso, tant’è che non abbiamo ancora capito che il risultato è più di tutto. E allora si fottano i teorici del calcio propositiv­o che non consideran­o il valore dei giocatori, i quali non si rendono conto che se l’Europa ci premia con cinque o sei posti in Champions è soltanto per l’abilità non solo tattica dei nostri maestri più collaudati e vincenti.

Allegri e Pioli sono valori assoluti del calcio: il carrello e la salsa verde dovrebbero accompagna­re tanti scienziati della parola esclusivam­ente a caccia di consensi e ingaggi.

Max avrà anche tante colpe: ma Vlahovic, il suo miglior attaccante, ieri non ha tenuto un pallone; il tanto invocato Yildiz ha fatto rimpianger­e Chiesa (il turco ha bisogno di giocare e giocare e giocare); non mi è dispiaciut­o Weah a tutta fascia e su Leão, e ho trovato azzeccata la scelta di Cambiaso al posto di McKennie, inguardabi­le a Roma. Pioli non è stato premiato da Leão, né da Loftus-Cheek; Thiaw, Gabbia e Sportiello i più in palla. E ho detto quasi tutto.

Più passano gli anni e più la penso come Cucci, Adalberto Bortolotti, Mura e l’indimentic­abile Sconcerti (loro, sì, veri). Specie in una fase del nostro calcio in cui il risultato è vita.

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