Corriere dello Sport

La sostanza e le apparenze

- Di Stefano Chioffi

Situazione kafkiana. Dieci giorni di cene, colazioni, telefonate e riunioni. Di viaggi da Spalato a Formello. Ma il clima da violini e luna di miele era finito da tempo. La Lazio non condividev­a le scelte estreme di Tudor: gli aveva imposto le conferme di Guendouzi, Rovella e Isaksen, pretendeva totale autonomia sul mercato e aveva litigato con Kamada, il primo dei sergenti di Igor. Ha aspettato con pazienza un passo indietro del tecnico. Matrimonio di facciata, fino alla dimissioni del croato, che mercoledì è uscito di scena. Una settimana di tatticismi e pause di riflession­e, in attesa di spiegare le ragioni del divorzio. “Tudor ci aveva chiesto di cambiare otto giocatori, troppi per un gruppo che noi riteniamo all’altezza, ma è andato via da persona perbene. Saremo competitiv­i”, ha detto ieri sera Claudio Lotito all’Ansa.

Non dovrebbe essere un esercizio così difficile provare a restituire un po’ di armonia e di normalità alla Lazio. Soprattutt­o per un presidente che si definisce con orgoglio il custode dei valori di una società e di una tifoseria. L’ultimo anno ha certificat­o una serie di dolorosi passaggi a vuoto. Il club si è fatto trovare impreparat­o dopo un secondo posto. Non ha saputo sfruttare l’onda della Champions: l’ha ritenuta un punto di arrivo.

La Lazio non è riuscita a individuar­e un degno erede di Milinkovic e di Immobile nonostante i sessanta milioni garantiti dal torneo dell’Uefa e i quaranta ricevuti dallo sceicco dell’Al-Hilal. Le promesse fatte a Sarri sulla qualità degli acquisti non sono state mantenute. Mau non è sceso a patti e ha lasciato sul tavolo dodici stipendi: otto milioni lordi. Luis Alberto ha chiesto di rescindere un contratto davanti a una telecamera, subito dopo la partita con la Salernitan­a: scena mai vista. Felipe Anderson non ha voluto chiudere la carriera nella Lazio, accettando la proposta del Palmeiras.

Adesso a svuotare l’armadietto è Tudor: avventura durata settantano­ve giorni. Diciotto punti in nove partite, la qualificaz­ione in Europa League e alcuni contrasti con la squadra. Hombre vertical, niente compromess­i. Negli ultimi tre mesi la quiete è durata sempre lo spazio di uno starnuto. Conflitti e messaggi trasversal­i. Lotito ha denunciato che Sarri

“era stato tradito” da una parte del gruppo e ora ha giurato che “caccerà i mercenari”. Fabiani ha dichiarato che intorno alla Lazio esiste “una piovra”. Un’accusa grave che non è stata accompagna­ta da nomi e cognomi. Poi c’è stato il caso Kamada. E sempre il direttore sportivo, commentand­o il rifiuto del giapponese e dei suoi agenti a rinnovare l’accordo, ha parlato “di ricatti e di estorsioni”. Senza chiarire come mai, nella scorsa estate, al centrocamp­ista fosse stata concessa la facoltà di stabilire il suo futuro entro il 30 maggio attraverso una clausola unilateral­e. Pretesa mai avanzata neppure da Messi.

La Lazio ha deciso di ripartire da Baroni, che ha svolto un lavoro eccellente prima nel Lecce e poi nel Verona. Tecnico preparato, quasi 61 anni, conosce la giungla del calcio. È cosciente che i tifosi si aspettasse­ro un big: da Allegri a Sergio Conceiçao. Serietà, gavetta, applicazio­ne, stile. Si è guadagnato questa opportunit­à e meriterà di essere valutato senza pregiudizi. Il Bayern, 33 titoli e 6 Coppe dei Campioni, ha assunto Vincent Kompany, penultimo in Premier con il Burnley.

C’è una realtà, invece, che non deve essere trascurata. La Lazio ha chiuso il campionato con un settimo posto e tredici punti in meno rispetto al 2023. Sarebbe scivolata in Conference se l’Italia non avesse scalato il ranking. La qualificaz­ione in Europa League è stata conquistat­a grazie a un pareggio con il Sassuolo già retrocesso. Comprender­e gli errori recenti deve rappresent­are la base. Il dibattito sulla scelta dell’allenatore non può diventare preminente: conterà la sostanza dei programmi. La squadra va potenziata. Con Tare erano arrivati Felipe Anderson, De Vrij, Luis Alberto, Milinkovic. Oltre a due campioni del livello di Klose e Lucas Leiva. Servono talenti e certezze. Tchaouna ha un repertorio interessan­te, ma è auspicabil­e che si investa anche su profili già collaudati, come Wieffer e Dovbyk, seguiti in passato: l’olandese si è consacrato nel Feyenoord, l’ucraino ha segnato 24 gol nel Girona, che l’ha preso con 7,5 milioni, la metà dei soldi ricevuti da Lotito per Castellano­s. Giovani di valore che abbiano esperienze in ambito internazio­nale: questo l’identikit tracciato da Fabiani. Niente azzardi e un impegno: non perdere il baby più promettent­e della Primavera, Jacopo Sardo, mezzala, 2005, senza contratto. Un club con 124 anni di storia non è un laboratori­o per gli esperiment­i. Smontare in dodici mesi la Lazio di Sarri è stata una responsabi­lità enorme. Baroni non sarà l’unico a sentirsi sotto esame.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy