Corriere dello Sport

Il centravant­i sì ma senza vendere Nico

- Di Alberto Polverosi

La conferenza delle scuse e delle ammissioni di colpa sta lentamente evaporando nell’aria umida del Viola Park e lo stupore di quei momenti è già stato sostituito dall’attesa dei primi impegni. Un’attesa pesante, di quelle a cui adesso è impossibil­e sottrarsi. Commisso e i suoi uomini hanno indicato la parola-chiave: migliorame­nto.

E per cominciare a riempirla di contenuti hanno annunciato il nuovo allenatore, Palladino. Dunque, secondo la Fiorentina già Palladino è un migliorame­nto rispetto al passato di Italiano. Vedremo. Di sicuro però non potrà esserlo se al nuovo e giovane allenatore campano non verrà affidato un organico davvero più forte, davvero migliorato.

Si parla molto in questi giorni del modulo caro all’ex allenatore del Monza, il 3-4-2-1, e si cerca di ricalcarlo sulla base dell’organico della Fiorentina attuale. Non sappiamo se Palladino punterà davvero su quel sistema, però in questo caso e non solo in questo caso, la prima necessità è una soltanto: il centravant­i. Lo hanno detto i dirigenti anche nella famosa conferenza stampa, Pradé si è scusato per non essere riuscito a trovare un degno erede di Vlahovic. In due anni e mezzo ne sono passati cinque/sei/sette, Cabral, Jovic, Piatek, Nzola e Belotti, a cui si potrebbero aggiungere Kouame (impiegato anche come ala) e Beltran (impiegato soprattutt­o come trequartis­ta), senza che nessuno abbia risolto il problema. L’ottavo centravant­i post-Vlahovic non può essere più un errore. Non solo: il nuovo attaccante della Fiorentina dovrà aggiungere i propri gol a quelli di Nico Gonzalez e non sostituirl­i. Economicam­ente parlando, se per acquistare il numero 9 risolutore saranno investiti i soldi dell’eventuale cessione dell’argentino, Palladino si ritroverà punto e daccapo. Quindici/venti reti (auspicabil­i) di un centravant­u al posto delle dodici reti (cifra di quest’anno) di Nico significan­o un migliorame­nto ridotto a briciole di pane.

Quando si parla di difesa a tre, si può immaginare uno schieramen­to con Milenkovic e Ranieri difensori-marcatori e con Martinez Quarta in mezzo e magari qualche metro più avanti per far valere le sue doti migliori, la verticaliz­zazione, l’inseriment­o senza palla, la capacità di costruire il gioco, e nascondere quelle peggiori, il controllo dell’avversario e la solidità nella fase difensiva. Se questa è l’idea, a Palladino serviranno altri due difensori e non proprio di secondo piano: ora ha solo quei tre in organico, più il giovane Comuzzo.

Poiché pensando al Monza del nuovo allenatore viola si pensa comunque a una squadra ispirata da criteri calcistici di qualità, per proseguire nel migliorame­nto indicato dai dirigenti viola è necessario un centrocamp­ista di spessore tecnico, uno dal gioco lungo, con una visione ampia della manovra e non ristretta come quella di Arthur, ottimo palleggiat­ore orizzontal­e. E’ un tipo di giocatore che ogni squadra fra quelle di vertice possiede: Calhanoglu, Reijnders (e Bennacer), Locatelli (e Fagioli), Freuler, De Roon, Cristante (e Paredes), Rovella (e Cataldi) e Lobotka. Iniziare l’azione con qualità significa renderla più ricca, più incisiva ed efficace.

Raffaele Palladino ha solo due anni di Serie A alle spalle, ha idee, ambizioni, forza, ma va sostenuto. Altrimenti fra dodici mesi saremo di nuovo alla conferenza delle scuse.

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