Lettera di Ratzinger ritoccata, si dimette Viganò
▶ Dalle mura leonine esce qualcosa di più di uno spiffero o di sussurro. Con un comunicato ufficiale Papa Francesco accetta le dimissioni di mons. Dario Viganò da Prefetto del Dicastero per la Comunicazione. Non rientra in un normale avvicendamento, è il segno forte di una crepa, di qualcosa che non torna nel gioco profondo che mette di fronte il Papa regnante e la Curia, e forse nel rapporto fra lui e il Papa Emerito Benedetto XVI.
Tutto comincia con una lettera che Viganò legge quando viene presentata una collana di volumetti dedicati alla teologia di Papa Francesco. E’ una lettera indirizzata al Prefetto dal Papa Emerito. Ratzinger esordisce con un plauso a una "iniziativa che vuole opporsi e reagire allo stolto pregiudizio per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi. I piccoli volumi mostrano a ragione che Papa Francesco è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica e aiutano perciò a vedere la continuità interiore tra i due pontificati, pur con tutte le differenze di stile e di temperamento". Sintonia, dunque, stima, nessuna ombra. Solo che, il diavolo ci mette la coda, la lettera è stata resa pubblica solo in parte. Nella foto che viene distribuita, sotto quelle lette da Viganò, ce ne sono altre che però restano sfocate. Inevitabile, sulla rete si moltiplicano dubbi, ipotesi, rivelazioni, a fronte delle quali Viganò decide di pubblicare la lettera nella sua interezza, spiegando che non si è trattato di censura manipolatoria, ma solo di riservatezza. Purtroppo, non è così semplice, quelle righe scottano. Ratzinger vi nega la disponibilità a scrivere l’introduzione ai "piccoli volumi", non è in condizione di leggerli, "anche solo per ragioni fisiche", oltre agli impegni già programmati che lo attendono. Non solo, "a margine" il Papa Emerito punta il dito contro uno degli autori, un teologo colpevole - durante il suo pontificato - di essersi più volte pronunciato contro il magistero papale. Insomma, una presa di distanza e un diniego netto rispetto all’incipit. Si apre un varco. Fatale. E arrivano le dimissioni. Viganò dice di volersi mettere da parte per non diventare un pretesto che inter- rompa il processo riformatore "non nuovi uomini, ma uomini rinnovati" - avviato dal Papa, e professa deferenza alla Chiesa intesa come servizio e al Papa che la testimonia.
Rumori e tremori, dunque, che dicono di come l’improvvida scelta del Prefetto possa aver dato fiato a chi si oppone al percorso riformatore della Curia. Il suo passo indietro - sia pur accolto con "non poca fatica" da Francesco che lo sposta a semplice Assessore del Dicastero - rivela la tensione raggiunta dal confronto e la necessità di bloccare subito, con le dimissioni, ulteriori danni.
Certo, colpisce la leggerezza con cui è stata maneggiata la lettera di Benedetto XVI. Un autogol, tanto più sconcertante se appena si pensa alla posta in gioco dello scontro. Il dicastero della Comunicazione, insieme a quello dell’economia, è uno degli assi del rinnovamento strutturale della Curia e delle sue articolazioni. E questo "incidente", a cinque anni dall’investura di Francesco, racconta di un’asprezza, e forse anche di una strategia che per paradosso non è affatto aiutata dal silenzio nel quale viene portata avanti.
Il rischio è che si vada avanti per frizioni, attriti, colpi bassi, lontano dalla condivisione e dalla trasparenza di cui avrebbe bisogno la Chiesa nel tempo drammatico della crisi. Su tutto ciò, poi, si allunga un’ombra, la prima, sui rapporti fra i due Papi. Che fosse una situazione delicata e inedita, almeno nella modernità, lo sapevamo. Adesso, intravediamo il paradosso di una coabitazione e il buio di una lacerazione e di chi può strumentalizzarla. ▶