Un abbraccio e poi l’accordo
Berlusconi aspetta Di Maio
▶ Sulla carta la possibilità di accordo per la presidenza delle Camere c’è, ma questa mattina deve passare ancora per un varco stretto stretto, in grado di mandare gambe all’aria tutte le ipotesi circolate nelle ultime ore. Ieri il centrodestra a guida di Matteo Salvini - come anticipato dal gruppo Corriere - ha trovato la linea comune dopo una riunione a tre nella casa romana di Silvio Berlusconi per lasciare a Forza Italia la presidenza del Senato, riconoscendo il diritto del Movimento 5 stelle ad avere la presidenza della Camera. In cambio dell’obiettivo passo indietro rispetto alle ipotesi iniziali, Salvini è riuscito a fare togliere dal tavolo la candidatura del forzista Renzo Tondo per la presidenza della Regione Friuli Venezia Giulia per lanciare quella del leghista Massimiliano Fedriga. Ma oltre a questo schema non si va. Forza Italia avrebbe secondo le indiscrezioni tre possibili candidati dalla presidenza del Senato: Paolo Romani, Anna Maria Bernini e Maria Elisabetta Alberti Casellati. Ma il candidato vero è Romani, e lo è ancora di più dopo il veto esplicito del Movimento 5 stelle, che si è detto indisponibile a votarlo per la condanna per peculato ricevuta da amministratore locale per l’utilizzo del suo telefonino di servizio da parte della figlia. Questo passaggio rischia di compromettere ogni tipo di intesa. Ma ce ne è uno ancora più delicato, ed è previsto proprio per la mattinata di oggi. Di fronte alle voci di intesa sulle Camere fra centrodestra e cinque stelle, il Pd si è messo a fare l’offeso dicendo che non parteciperà ad alcun incontro se si troverà spiattellate decisioni già prese da altri. Allora si è messo al lavoro Gianni Letta per convincerli, e così è nata l’ipotesi di una riunione di tutti i leader politici oggi a Montecitorio: una delegazione del centrodestra composta dalla triade Salvini-berlusconi-giorgia Meloni, Piero Grasso con una delegazione di Leu, la delegazione Pd, le forze minori e naturalmente anche il Movimento 5 stelle con Luigi Di Maio e i suoi capigruppo designati. A ieri sera il sì grillino non era arrivato e se Di Maio dovesse non presentarsi alla riunione di tutti per non dovere stringere la mano a Berlusconi, ogni ipotesi salterebbe. A questo punto alla Camera il centrodestra non parteciperà alla votazione del presidente o comunque voterà scheda bianca e al Senato cercherà la prova di forza su Romani puntando sul ballottaggio. In questa ipotesi il ruolo svolto da Letta in questi giorni con il Nazareno sarebbe fondamentale: l’elezione non sarà infatti a voto palese e il rischio di una defezione di voti leghisti su Romani c’è, per cui si sta cercando di avere un salvagente anche non palese che arrivi dalle fila del Pd. Per il centrodestra è importante avere la certezza che i voti del centrosinistra non confluiscano in Senato sul candidato del M5s, che al ballottaggio verrebbe quindi battuto da Romani. Ed è importante, anche in vita di qualsiasi accordo più politico successivo, non consentire ai grillini alcun tipo di veto su personaggi di rilievo di Forza Italia, si tratti di Berlusconi o dello stesso Romani.
Al Pd, in questa operazione di anestesia dell’esuberanza a 5 stelle, verrebbero assicurate due vicepresidenze (una alla Camera e una al Senato) che altrimenti non verrebbero ottenute con l’attuale sistema di voto previste dai regolamenti. Oltre naturalmente alla promessa di appoggio successivo quando sarà in gioco la guida di commissioni di inchiesta e di controllo che di natura spetterebbero all’opposizione (come il Copasir e la vigilanza Rai). Se invece Di Maio dovesse accettare di avere anche Berlusconi presente all’incontro di tutti, allora lo scenario cambierebbe e la rigidità sulla candidatura Romani potrebbe anche affievolirsi, consegnando una terna di nomi per una intesa più larga che eviti il muro contro muro. In casa Pd ieri sera incontro fra i notabili del partito che sono chiamati da Martina a una sorta di direzione collegiale in questo momento, e questa sera assemblea dei gruppi con qualche nostalgia ed amarezza: messi insieme non fanno nemmeno quello uscente della Camera. Ci dovrebbe essere però nel secondo incontro anche quel senatore di Firenze un po’ ingombrante che corrisponde al nome di Matteo Renzi. Spazi di manovra scarsi, e il terrore di essere troppo coinvolti da chicchessia stanno però paralizzando tutti. ▶