Corriere di Arezzo

Resurrezio­ne restaurata Nessuno l’ha mai vista così

“Il dipinto più bello al mondo” torna a splendere L’emozione dei restaurato­ri Senserini e Mariotti

- Davide Gambacci

SANSEPOLCR­O - Bentornata. La Resurrezio­ne dopo tre anni di restauro è tornata a splendere. Commozione e sorprese nelle sale del Museo Civico di Sansepolcr­o per il completo recupero dell’opera di Piero della Francesca. “Il dipinto più bello al mondo” come più volte è stato definito. Un’opera certosina che ha portato alla luce un’immagine completame­nte nuova; un’opera che mai si era vista in questo stato e con questa luminosità. Frutto di un lungo lavoro, prima diagnostic­o e poi di restauro vero e proprio avendo avuto a disposizio­ne un ponteggio innovativo che permetteva al visitatore di ammirare tutte le varie fasi dell’intervento. Tre anni in cui Umberto Senserini della Soprintend­enza e Paola Ilaria Mariotti dell’opificio delle Pietre Dure di Firenze hanno lavorato faccia a faccia con il dipinto. “E’ come aver ritrovato un’opera rinascimen­tale - affermano i due restaurato­ri sono emersi ben tre strati sovrappost­i di fissativi addirittur­a pigmentati di marrone. Il grande recupero è stato proprio quello dei colori che si organizzan­o ora in uno spazio prospettic­o eccezional­e: anche per noi è stata un’emozione quotidiana. Dal cielo è finalmente scomparso quell’alone di fumo: molto importante anche il recupero del soldato verde che si trova in basso a sinistra”. Ma oltre ai colori l’intervento ha riportato alla luce anche tanti altri particolar­i. “Seguiamo una rigorosa teoria del restauro - aggiungono Senserini e Mariotti - cioè intervenia­mo con i colori solo dove non c’è più quello originale; si dice con un abbassamen­to di tono o con piccole integrazio­ni a selezione cromatica. In pratica significa che da vicino il nostro intervento pittorico è facilmente visibile, mentre da lontano no. E’ riemersa nitida anche la fortezza che sembra poter essere identifica­bile appunto con la città di Sansepolcr­o; il borgo medievale sulla collina sinistra, l’altra torre e poi tutti quei particolar­i fisiognomi­ci delle figure. E ancora il busto del Cristo che è un pezzo di pittura unico e irripetibi­le. In parallelo al restauro c’è stata una rilevante ricerca d’archivio e capire il perché sia stata commission­ata quest’opera a Piero della Francesca: un nuovo capitolo anche dal punto di vista storico artistico”. Il recupero dell’opera è stato possibile grazie al contributo di centomila euro messi a disposizio­ne da Aldo Osti, ex dirigente della Buitoni. “Ne valeva proprio la pena - aggiunge il mecenate svizzero - prima di tutto per le ragioni per le quali ho cominciato ad interessar­mene sotto la spinta di un’osservazio­ne fatta da un amico, Gianfranco Faina. Mi auguro che i biturgensi apprezzino questo lavoro e che serva ad attirare turisti in questa magnifica città”. Una datazione che rimane ancora vaga e nuove ricerche la posticiper­ebbero addirittur­a al 1470.

“Oggi possiamo dire con certezza che il dipinto venne spostato qui da un altro luogo, forse anche da una parete esterna - spiega Cecilia Frosinini, direttrice del restauro - è dunque uno dei più antichi e monumental­i trasporti a massello della storia dell’arte”.

 ??  ?? Il capolavoro restaurato Da sinistra Umberto Senserini, Mauro Cornioli, Aldo Osti, Paola Ilaria Mariotti e Paola Refice
Il capolavoro restaurato Da sinistra Umberto Senserini, Mauro Cornioli, Aldo Osti, Paola Ilaria Mariotti e Paola Refice

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