Ostacolo alla vigilanza Slitta di un anno l’appello per gli ex vertici Etruria
Impedimento dei difensori, l’udienza rinviata al 9 aprile 2019 In primo grado Fornasari, Bronchi e Canestri erano stati assolti
AREZZO
Slitta il processo d’appello per l’ostacolo alla vigilanza: se ne riparlerà tra un anno. L’udienza in agenda ieri a Firenze è stata rinviata per un impedimento dei difensori: si tornerà in aula il 9 aprile 2019. Tempi decisamente lunghi - ma la prescrizione è ancora lontana per il secondo verdetto sulla vicenda che vede chiamati in causa gli ex vertici di Banca Etruria: il penultimo presidente, Giuseppe Fornasari, e l’ex direttore generale Luca Bronchi. Insieme a loro, in quello che è stato il primo filone d’indagine su Via Calamandrei, anche il dirigente centrale David Canestri. In primo grado erano stati tutti assolti. La Procura aveva presentato ricorso contro quella decisione e il processo d’appello avrebbe dovuto aver inizio ieri, di fronte ai giudici della terza sezione della Corte d’appello di Firenze. Ma i tre difensori hanno presentato delle istanze di rinvio, visto che non potevano essere presenti all’apertura del dibattimento. La Corte ha accettato le loro richieste e disposto lo slittamento ad altra data. Un rinvio decisamente lungo: in aula si tornerà tra dodici mesi esatti per la decisione sul ricorso presentato dalla Procura di Arezzo contro il verdetto che, a fine novembre 2016, era stato firmato dal giudice Anna Maria Loprete. Un primo round giudiziario che aveva visto gli ex vertici di Via Calamandrei scagionati dall’accusa di non aver fornito tutte le informazioni agli ispettori di Banca d’italia che stavano passando sotto la lente le attività dell’istituto aretino. Sofferenze e Palazzo della Fonte: due le contestazioni che erano state mosse al termine delle indagini di cui si è occupato lo stesso procuratore capo Roberto Rossi. L’ostacolo alla vigilanza di Bankitalia, per l’accusa, si era concretizzato sia in riferimento all’operazione di dismissione immobiliare che prese il nome di Palazzo della Fonte, sia per ciò che riguardò la non corretta rappresentazione - sempre secondo la Procura - della reale situazione economica e patrimoniale in cui si trovava Banca Etruria. Il riferimento, in particolare, era alla qualità del portafoglio crediti e a quelle posizioni creditorie decisamente critiche. Gli ispettori di Via Nazionale si erano presentati alla porta della banca a più riprese: nei primi quattro mesi del 2010, dal dicembre 2012 al marzo 2013 e dal marzo al settembre 2013. Rossi aveva chiamato in causa Fornasari, Bronchi e Canestri. All’udienza preliminare, apertasi nei mesi della bufera che si era abbattuta sulla banca e sui risparmiatori, si erano presentate decine e decine di parti civili chiedendo di poter entrare nel procedimento, ma soltanto Banca d’italia era stata ammessa. Poi, con un cambio di strategia, i difensori di Fornasari, Bronchi e Canestri - gli avvocati Antonio D’avirro, Antonio Bonacci e Luca Fanfani che ancora oggi li rappresentano nel procedimento di appello - avevano lasciato la strada dell’udienza preliminare, chiedendo il rito abbreviato e quindi il processo vero e proprio sulle carte fin lì acquisite al fascicolo. Il procuratore aveva chiesto condanne a 2 anni e 8 mesi per Fornasari e Bronchi e a due anni per Canestri. Di parere opposto il giudice: tutti e tre assolti. Un verdetto, scandagliato in oltre cento pagine di motivazioni, contro il quale il procuratore Rossi aveva presentato ricorso in appello. Per il via al processo si dovrà attendere ancora un anno.
Erano finiti sotto processo per le comunicazioni a Bankitalia su sofferenze e l’operazione Palazzo della Fonte