Corriere di Arezzo

Tutti d’accordo nel centrodest­ra “Torniamo uniti”

Passa la proposta Salvini

- Di Andrea Capello

ROMA - Un passo avanti e due indietro. Una dichiarazi­one e una replica. Il valzer della politica prosegue mentre l’italia aspetta un governo. Quando nacque il noto ballo fu ritenuto volgare perché i ballerini danzavano a stretto contatto l’uno con l’altra in una sorta di abbraccio. Proprio ciò che, volenti o nolenti, i tre schieramen­ti che dominano la scena nostrana dovranno fare per evitare un ritorno alle urne.

Chi torna a ballare insieme dopo le scaramucce in stile fidanzati gelosi dei giorni scorsi è il centrodest­ra. Salvini, Berlusconi e Meloni, in stretto ordine di voti presi nelle urne, annunciano che al secondo round delle consultazi­oni si presentera­nno insieme

davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La proposta lanciata dal leader della Lega, Matteo Salvini, è stata accettata, anche se con sfumature diverse, dal resto dello schieramen­to. La più entusiasta è Giorgia Meloni che reclama anche la genesi dell’idea definendol­a “la proposta di Fratelli d’italia”. Più cauto invece Silvio Berlusconi che prima si prende qualche ora per riflettere poi dà il suo benestare con una nota stringata. “Alle prossime consultazi­oni il centrodest­ra si presenterà unito con Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni”, scrive l’ex Cav. Una mossa che è come fumo negli occhi per il Movimento 5 stelle e la sua volontà di dividere i due Dioscuri del centrodest­ra. “Gli interlocut­ori sono la Lega e il Partito democratic­o e ci interessan­o i contenuti”, continuano a ripetere come un mantra i pentastell­ati. “Penso che in Forza Italia potrebbero fare un grande sforzo di responsabi­lità e permettere a Salvini di fare un governo di cambiament­o, insieme al Movimento 5 stelle”, argomenta il capogruppo al Senato, Danilo Toninelli. Questa volta le risposte che arrivano sono univoche. “I 5 milioni di voti di Forza Italia non sono né infetti né maleodoran­ti. Di Maio non può chiudere la porta in faccia”, dichiara Giancarlo Giorgetti, capogruppo Lega alla Camera e uomo molto stimato anche dal capo politico del M5s. Parole a cui fanno eco quelle di Giovanni Toti, governator­e forzista della Liguria vicino a Matteo Salvini.“con la buona volontà è possibile trovare un programma minimo di governo tra centrodest­ra e M5s”, spiega. Ligi alla loro strategia dei due forni di andreottia­na memoria i Cinquestel­le proseguono pure nel tendere la mano al Partito democratic­o, anche se a modo loro. Da un lato, sempre per bocca di Danilo Toninelli, il M5s chiede “un atto di responsabi­lità” al reggente del Pd Maurizio Martina, dall’altro bolla i dem come colpevoli “del fallimento delle politiche degli ultimi cinque anni e di aver approvato una legge elettorale che ha portato a questo stato di caos”. In realtà in casa Pd, però, i problemi sono ben altri e tutti interni. Se sulla linea del no al governo con i Cinquestel­le tutti sono più o meno univoci, la battaglia per la guida del partito è invece ormai senza quartiere. Andrea Orlando se la prende direttamen­te con Renzi. “Se ritiene che la colpa della sconfitta elettorale non sia la sua allora ritiri le dimissioni altrimenti consenta a chi pro-tempore ha avuto l’incarico di poterlo esercitare”, dice senza troppi giri di parole il ministro della Giustizia. L’ex premier preferisce non rispondere in prima persona e attendere l’assemblea del 21 aprile per la resa dei conti. Per quel giorno il gran ballo del governo potrebbe aver trovato la sua “etoile”, oppure no.

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