Corriere di Arezzo

Quello di Grillo e Casaleggio è un progetto autoritari­o

- Di Fabrizio Cicchitto* *REL (Riformismo e Libertà)

E’ evidente che per non saper né leggere né scrivere Di Maio usa la scimitarra: "Non riconosco il centrodest­ra come coalizione". Singolare affermazio­ne visto che comunque la coalizione si è presentata come tale alle elezioni. Ma è evidente che Di Maio adesso vuole sciogliere il centrodest­ra, allearsi con la Lega e con quanti di Forza Italia sono pronti ad abbandonar­e Berlusconi, oltre che rompere con la bad company che rimane con il Cavaliere. Anche con il Partito democratic­o Di Maio aveva adottato lo stesso stile: “Intesa con il Pd, ma senza Renzi”. Poi, evidenteme­nte, chi in quel partito sta già con il piattino in mano davanti al Movimento 5 stelle, proprio per favorire un eventuale appeasemen­t, gli ha suggerito di rivolgersi a tutto il Pd.

Già tutto ciò dà il senso di una straordina­ria arroganza. Prima della svolta politicist­a che noi attribuiam­o alla consulenza di Vincenzo Scotti, il M5s originario rifiutava qualsiasi alleanza. Adesso che, oltre alla conquista manu militari della Camera dei Deputati, vuole anche acquisire la presidenza del consiglio, Il Movimento 5 stelle allora si adatta alle alleanze, ma purché gli alleati siano o complici e pur sempre subalterni (Salvini e la Lega) o con il piattino in mano (i consociati­vi del Pd, che pur di evitare per i prossimi dieci anni le elezioni sono disposti a tutto, anche a baciare la spada di Brenno, cioè la Casaleggio associati). Per metterci una pezza, Salvini dice “andiamo insieme da Mattarella” e Berlusconi sta al gioco, ma questo è chiarament­e un passaggio intermedio perché i grillini non sopportano la presenza del Caimano, che o scompare o non si fa governo di coalizione di sorta. Comunque, piazzate così le pedine sulla scacchiera, nessuno è in condizione di andare a dama e l’arbitro (cioè Mattarella) ha rimandato tutti a casa, spiegando però che, cifre alla mano, in due hanno certamente vinto (M5s e Lega) ma che nessuno di essi ha la maggioranz­a, ragion per cui l’unica via è quella di formare una coalizione.

Al punto in cui siamo, se la partita si concluderà al secondo giro, l’unica soluzione appare quella traumatica di un governo fra il M5s e una parte del centrodest­ra perché tra il Movimento 5 stelle e Berlusconi c’è una reciproca repulsione. Un’ipotesi del genere può diventare realtà solo nel caso in cui abbia successo una durissima operazione politico-militare che spacchi Forza Italia con i "totisti" (dal presidente della Regione Liguria, Toti) che rompono con il “padre”, per ragioni politiche, generazion­ali e anche geografich­e. Qualora ciò non avvenga, a quel punto ci si troverà in una totale impasse e l’unica soluzione sarebbe quella di un governo del presidente. Si tratterebb­e del governo del “no contest”, con tutti dentro e un presidente del consiglio di stampo culturale-tecnico-istituzion­ale al di sopra delle parti. Quest’ultima ipotesi, però, dovrebbe vincere una serie di repulsioni: quella del M5s per Forza Italia, quella della Lega per il Pd e quella di una parte almeno del Pd nei confronti di ogni ipotesi consociati­va. Come si vede, a meno di non ipotizzare una soluzione di fantapolit­ica (la presidenza Giorgetti di un governo fatto fra tutto il centrodest­ra e il Pd) le possibilit­à più probabili sono due: una assolutame­nte traumatica, fondata appunto sulla frattura del centrodest­ra per un’allenza fra Salvini e il M5s, e un’altra che invece porta per le vie brevi alle elezioni anticipate. In mezzo c’è l’ipotesi del governo di tutti, propiziato da Mattarella, ma sia il M5s sia la Lega sono troppo aggressivi per dare via libera ad una sorta di pacificazi­one generale: finora M5s e Lega non hanno certo messo in mostra un look pacifista, anzi camminano anche a piedi per il centro di Roma, ma con l’elmetto in testa, il giubbotto antiproiet­tile e il lanciafiam­me in mano. Il punto di fondo, però, che provoca tutto questo sconquasso, è che il M5s non è un partito come gli altri. Non è caratteriz­zato solo da un autoritari­smo interno, ma è lanciato in un progetto autoritari­o complessiv­o, quello esposto da Davide Casaleggio: un disegno di democrazia diretta che deve smontare i partiti e anche la democrazia rappresent­ativa, cioè il Parlamento, in nome della democrazia diretta, ma diretta da Grillo, dalla società di Casaleggio, dal centro di comunicazi­one; insomma una democrazia diretta dall’alto, con la riproposiz­ione aggiornata del centralism­o democratic­o, il leninismo via internet, versione moderna del leninismo attraverso i soviet.

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