Il parroco dall’altare: “Ero morto e sono risorto”
Don Duilio, 93 anni: “Mi avevano dato per spacciato invece eccomi qua”. Il medico: guarigione sorprendente
AREZZO
Don Duilio Sgrevi, il sacerdote di Pieve a Quarto, 93 anni, ha svelato dall’altare: “Ero morto e sono risorto”. E’ il suo racconto di quanto gli è successo un paio di anni fa. Lo avevano dato per spacciato, era in coma e ormai si pensava al suo funerale. “Invece ho ricevuto una grazia ed eccomi qui”, ha detto don Duilio dall’altare, seduto per le precarie condizioni fisiche, ma lucidissimo, durante la cerimonia per il 70esimo di sacerdozio. Il medico che gli sta vicino conferma: “Guarigione sorprendente, era in punto di morte”. Lo storico Santino Gallorini, tra le altre cose biografo di don Duilio, prende nota e un domani chissà.
AREZZO - “Sono morto e risorto”. Don Duilio lo ha ripetuto tre volte durante la messa del suo 70˚ di sacerdozio celebrata da seduto. L’anziano sacerdote (93 primavere sulle spalle) ha svelato ai fedeli che affollavano la chiesetta poco fuori Arezzo di quando, un paio di anni fa, lì a Pieve a Quarto, erano già pronti a celebrare il suo funerale. E invece per il ritorno alla casa del Padre era presto: riaprì gli occhi e iniziò a vivere la nuova stagione. Nella comunità aggrappata intorno all’anziano sacerdote c’è chi sapeva e parla di fatto prodigioso. Il medico Simone Brardi, che gli è stato vicino, conferma che “in effetti don Duilioerainpuntodimorteela sua guarigione è stata straordinaria”. Lo storico Santino Gallorini, che su don Duilio ha pure scritto un libro anni fa, ricorda quei giorni in cui i fedeli vegliavano il prete, con gli occhi umidi, disteso sul letto col respiratore attaccato e i parametri vitali al lumicino. “La gente pregava - rammenta Gallorini - e c’era chi si raccomandava a suor Annitina, la religiosa della sofferenza e della speranza di Foiano con cui don Duilio ha avuto sintonia spirituale, e a Baldassarre, il ‘santo’ che tra ‘700 e ‘800 piantava croci nei nostri territori. Sì, il risveglio di don Duilio è stato qualcosa di molto particolare. E oggi, nonostante gli acciacchi, celebra messa all’altare”. Una di quelle situazioni che potrebbe spingere a indagare il misterioso confine tra scienza e fede. Vedremo. Ma cos’ha di speciale questo prete di campagna? Una fede inossidabile e la semplicità. Fino a qualche anno fa, quando poteva camminare, si vedeva con la tonaca svolazzante lungo la trafficata strada regionale 71, tra Madonna di Mezzastrada e Olmo. Epiche sono rimaste le pagine di cronaca della sua battaglia con le campane contro la vicina discoteca, che gli valse titoli di giornale e beghe giudiziarie. Ma soprattutto la densità spirituale, i rapporti con uomini e donne di Dio, vescovi di ieri e di oggi che passano dall’antica Pieve sul tracciato della via Clodia a trovarlo. “Sono morto e risorto”, ripetuto tre volte nella messa celebrata con a fianco don Paggini, non sembrano frutto di megalomania senile. Lui, con un filo di voce, ribadisce: “Tre giorni e tre notti in coma, senza bere né mangiare. Aspettavano che esalassi l’ultimo respiro. Poi ho ricevuto una grazia speciale. Un fatto definito inspiegabile dai medici”. Dal torpore, dalla catalessi, agli occhi che si riaprono, la voce che torna fuori. Prodigio o no, alla Pieve di Santa Mustiola a Quarto la gente coccola il suo don Duilio, ultranovantenne dalla fibra speciale, ancora in missione sacerdotale, ancora testimone di un certo tipo di vita, seppure sulla sedia a rotelle. Nato nel 1925 a Castelluccio di Capolona, ordinato sacerdote nel 1948, ha visto passare sette Papi ed è ancora lì felice di essere prete.