Slitta il conto per Boschi e gli altri
Caso Etruria, azione di responsabilità contro gli ex della banca Le assicurazioni scendono in campo e l’udienza di domani slitta
AREZZO - Tutti rimandati a settembre. Prima ancora di aprirsi, è già rinviata l’udienza di domani per il colossale risarcimento (577 milioni di euro) che il liquidatore di Bpel e la nuova banca chiedono agli ex amministratori. Il tribunale delle imprese di Roma ha tirato un rigo sopra alla data del 9 aprile e ne ha segnata una nuova, il 25 settembre. Motivo dello slittamento? Consentire la costituzione nel processo alle compagnie di assicurazione chiamate in causa da alcuni degli ex di Banca Etruria. Uno scudo protettivo, non si sa mai, qualora il giudice Clelia Buonocore dovesse concludere che sì, gli amministratori che pilotarono l’istituto di via Calamandrei devono rispondere dei danni fatti, sfociati con la messa in risoluzione di Bpel. Si chiama azione di responsabilità e ad intentarla è Giuseppe Santoni, liquidatore di Etruria, insieme a Silvano Manella, per la nuova banca nata dopo la fine della vecchia, divenuta Banca Tirrenica per poi passare a Ubi. Vertici, consiglieri e revisori sono chiamati a pagare tutti in solido, indipendentemente da ruoli e periodi di attività. Nel novero figurano gli ex presidenti, Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi, gli ex vicepresidenti, Giovanni Inghirami, Giorgio Guerrini, Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, babbo dell’ex ministro ed ex sottosegretario Maria Elena, l’ex direttore generale, Luca Bronchi, i componenti degli ultimi tre cda e i revisori dei conti. I big non avrebbero optato per la chiamata in causa dell’assicurazione. Ognuno percorre la propria strada legale e si preannuncia un braccio di ferro intenso. La citazione per danni riguarda anche Price Waterhouse Coopers spa, società di revisione e certificazione dei bilanci. La partita ovviamente è aperta a qualsiasi soluzione. Ad ogni buon conto gli ex di Bpel sono stati già ammoniti di non tentare giochetti del tipo di spogliarsi dei propri averi con operazioni ad hoc finalizzate a rendere inattaccabile il patrimonio in caso di sentenza sfavorevole. Per i finti nullatenenti pronte a scattare le revocatorie. Nonostante l’allungarsi dei tempi, non esiste prescrizione. E la cifra già gigantesca può perfino dilatarsi ancora per effetto del calcolo degli interessi. Nel 2016 il liquidatore Santoni inviò una lettera bonaria ad ex consiglieri e sindaci: chiedeva ‘solo’ 300 milioni di euro. Nessuno tra vertici, amministratori e sindaci della banca tra 2010 e febbraio 2015 (commissariamento), si fece avanti per dire: eccomi qua, pago. Era ovvio. Ecco allora che è stata promossa l’azione civile, con i tempi che presuppone: lunghi. Nella citazione si indicano come motivi del dissesto della banca aretina “l'erogazione e la gestione di mutui e finanziamenti anche in conflitto di interessi; il depauperamento del patrimonio sociale mediante numerose iniziative contrarie alla prudente gestione (incarichi consulenziali; premi aziendali non dovuti e ulteriori operazioni non trasparenti); le iniziative di indebito e illecito ostacolo alla vigilanza di Banca d'italia”. Nodi da sciogliere anche in sede penale, nei vari processi in corso. Falsa partenza, dunque, domani mattina a Roma. Se ne riparla a settembre. A difendere buona parte dell’ultimo cda sarà l’avvocato professor Gianfranco Ricci Albergotti. Degli ultimi giorni la notizia che l’ex direttore Bronchi sarà difeso dagli avvocati Giuseppe Guizzi, Ilaria Pagni e Giovanni Gatteschi. Il meccanismo del risarcimento in solido prevede che dove non arriva a pagare l'uno, intervengano gli altri. La cifra di partenza, salvo ritocchi ulteriori, è 577.270.197 euro.