Di Maio apre al Pd che si spacca
Il leader pentastellato invita i dem a “sotterrare l’ascia di guerra”. Salvini lo stronca subito: “Mamma mia!”
MILANO - Le mosse dei big della politica verso il secondo giro di consultazioni al Quirinale? Una partita a scacchi nella quale il leader del M5s, Luigi Di Maio, apre ai dem e chiede di “sotterrare l’ascia di guerra”, mentre Matteo Salvini, leader della Lega, primo partito del centrodestra dopo il voto del 4 marzo, bolla con un molto colloquiale “Mamma mia...” l’ipotesi di un governo Di Maio-renzi, 5 Stelle-pd. E il segretario reggente dem, Maurizio Martina, spariglia le carte e non vuole sentire parlare di arrocco: “Macché, noi faremo l’opposizione che è un’altra cosa”.
“Il governo si fa per risolvere i problemi concreti della gente e abbiamo il dovere di provarci partendo dalla situazione uscita dalle urne: forze politiche distanti, ma che devono trovare una sintesi su temi cruciali, portando ognuna le proprie soluzioni e proposte. Con chi troveremo le convergenze maggiori, lavoreremo”, analizza Di Maio in un’intervista a La Repubblic à. Poi si affretta a chiarire: “Io non sto rinnegando le nostre idee né le critiche che in più momenti abbiamo espresso anche aspramente nei confronti del Pd e che anche il Pd non ci ha risparmiato. Credo però che ora il senso di responsabilità nei confronti del Paese ci obblighi tutti, nessuno escluso, a sotterrare l’ascia di guerra”. Insomma, «”ediamo intorno a un tavolo, per ragionare e trovare insieme una sintesi che serva a dare risposte e non a scontrarsi muro contro muro”.
Dal canto suo, Salvini non ci sta e su Facebook si sfoga. Se sia un gioco delle parti, visto che l’accordo fra M5s e Carroccio non è così impossibile, non è dato saperlo. Sta di fatto che il leader della Lega, alla vigilia del vertice di Arcore con gli altri leader del centrodestra, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, mette i puntini sulle i: “Sto facendo e farò tutto il possibile per cambiare questo Paese, con coerenza, serietà e onestà, ascoltando tutti. Una cosa è certa: o nasce un governo serio, per ridare lavoro, sicurezza e speranza all’italia, oppure si tornerà a votare, e noi stravinciamo”».
Intanto, Martina tiene la barra dritta: “E’ in atto dai primi giorni dopo il 4 marzo un tentativo di accordo tra centrodestra e Cinquestelle. Dicano ora al Paese chiaramente cosa intendano fare. Noi rimaniamo coerenti con ciò che abbiamo detto al Quirinale pochi giorni fa». “Se dobbiamo discutere di cosa dobbiamo fare per il Paese - aggiunge - noi ripartiamo” da alcuni temi. E ancora: “Dal punto di vista dell’autocritica, sui toni c’è un passo in avanti da parte di Luigi Di Maio ed è apprezzabile, ma dal punto di vista delle ambiguità politiche rimangono tutte e per noi sono un fatto”. Botta e risposta con Di Maio, che dalla kermesse di Ivrea, sempre sull’onda dell’adagio andreottiano dei due forni, sentenzia: “Registro come un passo in avanti la dichiarazione del segretario del Pd Martina, come sono ben consapevole che Salvini sappia che al Quirinale se vai col 17 o col 37%, in ogni caso non fa 51%, e quindi non crei una maggioranza”.
Alla vigilia della settimana del secondo giro di consultazioni con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la strada verso un nuovo governo si fa quantomeno in salita. Constatazione avvalorata da quanto accade in casa del
Partito democratico, dove Franceschini dice “forse”,
Martina “ni” e Renzi “no”.
Se Luigi Di
Maio voleva gettare nello scompiglio l’ex nemico politico numero uno - non c’è che dire - missione compiuta. L’ascia di guerra sotterrata dal leader M5s ha avuto l’effetto di dissotterrare tutte quelle momentaneamente nascoste sotto il tappeto dem. Dario Franceschini coglie la palla al balzo e chiede al suo partito di ricominciare e di riflettere senza fretta, a partire da quella che definisce la “novità politica” di Luigi Di Maio. Il sasso nello stagno è gettato. Andrea Orlando con un’affermazione quasi rocambolesca dice, da un lato, che le parole del reggente Maurizio Martina (che ribadisce di voler essere minoranza) sono le sue, ma al contempo invita il partito a “incontrare tutti” e ad aprire il dialogo con i Cinquestelle. Sulla stessa linea Gianni Cuperlo, Francesco Boccia e Giuseppe Lumia.
Che il Pd sia sull’orlo di una crisi di nervi è difficile da smentire, tra guerre a colpi di tweet, note ufficiali, caminetti, convegni e dichiarazioni alle telecamere. C’è di tutto, tranne un sano confronto - anche a porte chiuse - nella sede deputata: il Nazareno. Non a caso, una fedelissima renziana come Maria Elena Boschi getta acqua sul fuoco: “Faremo proposte dall’opposizione, in modo serio e responsabile”.