Corriere di Arezzo

Mattarella, lunedì o mai più

Ultima chiamata per il governo

- Dario Borriello

Al voto, al voto. Anzi no, forse. Prima di sciogliere le Camere e rispedire il Paese alle urne, il Quirinale scocca anche l’ultima freccia rimasta nell’arco, un governo di tregua che affronti il nodo della legge elettorale, sterilizzi le clausole di salvaguard­ia e vari la legge di bilancio 2019, evitando il rischio di un esercizio provvisori­o mortifero per la flebile ripresa dell’economia italiana. Il messaggio che tuona dal Colle più alto di Roma non ha bisogno di traduzioni simultanee o interpreta­zioni: “A distanza di due mesi le posizioni di partenza dei partiti sono rimaste immutate”. Così lunedì il presidente Mattarella farà un altro giro di consultazi­oni-lampo per “verificare se i partiti abbiano altre prospettiv­e di maggioranz­a di governo”. All’inizio della prossima settimana l’unico che entrerà nella sala della Vetrata con un’idea precisa da sottoporgl­i sarà Matteo Salvini, che ribadirà l’intenzione di avere un preincaric­o per andare in Parlamento a trovare i numeri su un programma che metta al centro la gestione più dura dei flussi migratori, flat tax, sostegno al reddito e abolizione della legge Fornero. L’ambizione è quella di stanare l’anima più trattativi­sta dei Cinquestel­le, facendo leva sulla voglia di non tornare alle urne di una parte della truppa pentastell­ata. Al Quirinale, però, servono certezze e non ipotesi, ragion per cui sono in molti a credere che il tentativo del segretario leghista potrebbe naufragare già in partenza. Fonti interne al centrodest­ra rivelano che dal Colle la richiesta off the record sarebbe stata molto chiara: se esistono prove tangibili di gruppi parlamenta­ri disposti ad appoggiare un governo a guida della coalizione che ha preso il 37%, o che forniscano almeno la garanzia di non sfiduciarl­o in aula, se ne può parlare. In caso contrario, meglio non intavolarl­a nemmeno la discussion­e. Oltretutto Salvini potrebbe trovarsi nella condizione di dover ascoltare, più che parlare. Mattarella potrebbe decidere di affidare a una personalit­à terza, rispetto all’agone della politica, l’incarico di formare un governo su cui chiedere la convergenz­a dei partiti. Il nome che circola negli ambienti di centrodest­ra è quello del presidente della Corte costituzio­nale, Giorgio Lattanzi, cui anche il leader del Carroccio avrebbe serie difficoltà a dire di no, se l’alleato Berlusconi dovesse confermare i rumors che lo descrivono senza particolar­i remore rispetto a una soluzione del genere. Che non vedrebbe contrario nemmeno il Pd. La certificaz­ione avvenuta in direzione nazionale, con tanto di voto unanime, della fine di ogni possibile trattativa con il M5s e di un’apertura alla linea della responsabi­lità, sembra indirizzar­e lo scenario proprio nel verso favorevole a Mattarella. Chi rimarrebbe schiacciat­o è invece Luigi Di Maio. Il capo politico del Movimento 5 Stelle ormai ha smesso i panni istituzion­ali per indossare nuovamente la ’mimeticà da campagna elettorale. Dalla sua, contro quella che definisce “l’ammucchiat­a”, il leader pentastell­ato ha la forza di 338 parlamenta­ri, che al momento hanno ribadito fedeltà assoluta al progetto. Se questa coesione durasse, potrebbe trasformar­e commission­i e aule parlamenta­ri in Vietnam, peraltro monetizzan­do in termini di consensi, essendo di fatto l’unica forza di opposizion­e. Sempreché riesca ad affondare l’eventuale governo di tregua a stretto giro di posta. Altrimenti addio deroga al secondo mandato, addio leadership e addio nuova candidatur­a a premier: le regole del Movimento non perdonano.

Lattanzi guadagna posizioni Azioni in rialzo per il presidente della Corte costituzio­nale

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Soluzioni da trovare Il presidente Mattarella rompe gli indugi e chiede a Di Maio, Salvini e Berlusconi responsabi­lità In alto a sinistra Lattanzi

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