Cineca, stop agli appalti diretti Il Consiglio di Stato: si adegui, non è una società pubblica
Mai più appalti senza gara per il Cineca. È più di una tegola quella caduta sulla testa del consorzio interuniversitario con sede a Bologna, che offre al ministero dell’Università e ai 70 atenei consorziati servizi informatici. La sentenza del Consiglio di Stato del 26 maggio ha infatti accertato che il Cineca non può considerarsi società «in house», quindi deve partecipare a bandi di gara per ottenere le commesse. «Le sentenze si accettano e non si commentano», dichiara Emilio Ferrari, presidente del Cineca (e prorettore dell’Alma Mater), « dovremo capire ora come muoverci per il futuro».
È una rivoluzione per il consorzio nato nel 1969, che già lo scorso autunno era finito sotto i riflettori per un clamoroso errore. In quel caso era stato un banale scambio tra due blocchi di domande nei test per l’ingresso alle scuole di specialità medica a far finire sulla graticola il Cineca. Con sdegno del ministro Stefania Giannini e dimissioni annunciate da parte dei vertici della società. Poi l’errore fu rimediato in qualche maniera, senza bisogno di rifare le prove. E le dimissioni furono respinte.
Questa volta è il Consiglio di Stato a intervenire, su ricorso presentato dallo stesso Cineca contro una sentenza del Tar della Calabria. I giudici calabresi avevano infatti accolto un ricorso presentato da Be Smart srl, una società privata che opera nel campo delle soluzioni informatiche per l’università. Questa società si lamentava per essere stata esclusa, nonostante una proposta economica più vantaggiosa, dall’affidamento dei servizi informatici di segreterie studenti e didattica che il consiglio d’amministrazione dell’Università della Calabria aveva concesso un anno prima a Cineca (senza espletare alcuna gara) per un importo triennale pari a 1,6 milioni di euro più Iva. Il Tar della Calabria rilevava l’insussistenza dei requisiti che avevano permesso l’affidamento senza gara, ovvero che il Cineca sia titolare di un «diritto esclusivo», che il rapporto tra università e consorzio si configuri come «in house» e che il servizio affidato rientri nell’ambito della «attività prevalente» del consorzio.
Il Cineca si oppose e fece ricorso al Consiglio di Stato, che ha deciso appunto qualche giorno fa confermando il primo grado. Una sentenza molto articolata, che si fonda su alcuni punti chiave. Il Cineca non detiene «un diritto di esclusiva» che giustifichi una deroga alle regole della concorrenza. Inoltre non può ritenersi una società « in house » , perché «manca il requisito della partecipazione pubblica totalitaria». «Al consorzio Cineca — scrivono i giudici — partecipano, infatti, anche università private, come ad esempio l’Università commerciale Bocconi di Milano, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e lo Iulm». E ora? «I servizi che sono già in atto non si toccano — conclude Ferrari — per i nuovi vedremo come comportarci. La sentenza va valutata con attenzione. Il consorzio continuerà a fare il suo mestiere».
I contratti già attivati rimarranno in essere, ma resta l’incertezza su quelli futuri