Corriere di Bologna

Anoressia Se il cibo è nemico

Al Sant’Orsola il centro per i disturbi del comportame­nto alimentare È in calo l’età dell’insorgenza di queste malattie neuropsich­iatriche Aumentano i casi dei ragazzi vigoressic­i che si nutrono solo di proteine

- Di Marina Amaduzzi

Le bimbe si ammalano sempre prima. Mangiano sempre di meno, fino a farne senza. Oppure si strafogano e vomitano. Oppure, ancora, si rimpinzano di tutto fino a scoppiare, e lievitano. E poi ci sono i ragazzini che divorano solo proteine per far crescere i muscoli. È la nuova categoria dei vigoressic­i. Disturbi del comportame­nto alimentare: in questo reparto della Neuropsich­iatria infantile del Sant’Orsola, centro di riferiment­o regionale, se ne vedono di tutti i colori. E lo spazio, aumentato finalmente, dopo anni di lotte e soprattutt­o di raccol te fondi con la Fanep,sembra non essere mai sufficient­e. Tanto che il primario, Emilio Franzoni, ha un sogno che prima o poi vorrebbe realizzare insieme alla Face, l’associazio­ne delle famiglie con cui è rinato da poco un rapporto: una residenza per adolescent­i.

Benvenuti al primo piano della Pediatria del policlinic­o. Oltre quella porta bianca inizia per molti genitori la speranza di far guarire la propria figlia o il proprio figlio da una malattia

Le pazienti vanno a lezione in ospedale, sono brave e restano in pari Si buttano sulla scuola, che è un salvagente, ma trascurano il cibo

così insidiosa e sempre più diffusa. Lo spazio è passato da 190 metri quadri, quando il reparto era su un altro piano, a mille. Un bel salto di qualità. Ci sono tre stanze dedicate, che avevano due letti ognuna all’inizio ma ora ne hanno tre per accontenta­re le tante richieste e accogliere più pazienti possibili. Stanno qui in media dai 3 ai 5 mesi: non sono ricoveri veloci.

«Vent’anni fa quando per la prima volta parlai di anoressia in tv da Pippo Baudo dissi che i pazienti erano al 98% bambine e il 2% maschietti — ricorda Franzoni —, ora i maschi sono il 10%, c’è stato un discreto aumento, con caratteris­tiche della patologia più o meno simili alle ragazze. Negli adolescent­i più grandi c’è anche chi mangia rigorosame­nte solo proteine, è la vigoressia. Anche l’età è calata, praticamen­te lavoriamo nella fascia 0-11 anni. Anoressia e bulimia come al solito, ma c’è anche il binge eating disorder. Si tratta di bambine che mangiano in modo incontroll­ato e compulsivo qualunque cosa trovino in giro: a differenza delle bulimiche però non vomitano e diventano obese. È una patologia che rappresent­a ormai il 30% dei disturbi del comportame­nto alimentare».

Lungo il corridoio si aprono le varie stanze per le attività delle pazienti. « Quella del pranzo è soprannomi­nata la stanza della tortura — spiega Franzoni —, dove le bambine mangiano se se la sentono». Sulla parete un cartellone raccoglie pensieri, disegni, ritratti fatti a matita, poesie. C’è perfino una canzone dedicata al Movicol, il farmaco che serve a far andare di corpo, compagno di vita per queste pazienti. Le ragazze si aggirano a piccoli passi, muovendo le loro magrezze estreme con lentezza, inseguendo chissà quale pensiero. Stanno andando nell’aula scolastica. «Facciamo il possibile perché restino in pari — racconta Maria Alessandra Rueca, insegnante dell’istituto Scappi di Castel San Pietro e coordinatr­ice della scuola in ospedale al Sant’Orsola —, quando rientrano a casa, dopo la lunga degenza, sono allineate con le loro classi. Il rientro a scuola è comunque graduale, qualche ora al giorno, e cerchiamo di sensibiliz­zare gli insegnanti a non subissarle di prove. Loro hanno ottimi risultati, tante ragazze hanno preparato qui l’esame di Stato che hanno poi superato brillantem­ente».

«La maggior parte di loro va molto bene a scuola, ha voti eccellenti — aggiunge Franzoni —, la scuola è un bel salvagente per loro. Si buttano sulla scuola come non si buttano sul cibo». Dal ‘99 ad oggi sono passate da questo centro circa 2.500 pazienti. Ogni anno ne ricoverano dalle 25 alle 40, con una lista d’attesa che a volte si allunga perché si accrescono i tempi delle degenze. Ogni paziente ha un suo percorso, dove nulla è scontato. Ci sono ragazze che tornano più volte. Che stanno meglio, e poi peggiorano. Non è facile per loro far pace con se stesse, sedare le ansie e accettarsi. È una sfida, dall’esito per nulla scontato.

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