Corriere di Bologna

EMILIA E PD, LE STRADE POSSIBILI

- Di Marco Marozzi

Andarsi a nascondere o ragionare davvero come (sic) Emilia rossa, senza correnti e schemi precotti. Il Pd dell’Emilia-Romagna non ha molte alternativ­e dopo il voto di domenica. L’astensioni­smo alle regionali c’è stato dappertutt­o, ma inferiore a quello dell’anno scorso nell’ex terra rossa. Il Pd emiliano ha da arrossire, se non capisce che nel rimescolam­ento inevitabil­e nel partito nazionale ora può giocare le sue carte. Non c’è nessun rinnovamen­to nei candidati che hanno vinto domenica, vecchi notabili, le giovanotte di Renzi massacrate. E sull’astensioni­smo, se Stefano Bonaccini fosse stato a rischio, molta più gente sarebbe andata a votarlo da Piacenza a Rimini. Questi sono i punti di forza realistici che il Pd di queste parti deve portare a Roma. Un altro è il fatto che alla guida del partito non ci sono leader carismatic­i: Serracchia­ni, Guerrini, Lotti non valgono certo Renzi. Quindi c’è spazio nella ridefinizi­one dei vertici e della linea. Il Pd di questa regione ha due ministri importanti — Del Rio, Poletti oltre alla confindust­riale Guidi — ma nessuno conta davvero nel partito. E nessuno è davvero il rappresent­ante dell’Emilia. I capi locali poi hanno continuato gli stessi costumi pre rottamazio­ne e pre rinnovamen­to: soliti tran tran, tempi lunghi, correnti di cui nessuna persona normale capisce nulla, giochi tutti interni agli sgabuzzini della piccola politica. E la Lega avanza, fra paure e confusioni su immigrati e rom e odio per la politica che c’è.

Osi cambia, o l’EmiliaRoma­gna diventa definitiva­mente provincia dell’impero. I luoghi dell’azione sono il Pd nazionale, il Comitato delle Regioni e l’Associazio­ne dei Comuni. Gli emilianoro­magnoli — i segretari di partito, i sindaci, i vertici regionali — devono farsi paladini di innovazion­e, snelliment­o burocratic­o, rinnovamen­to della classe dirigente. Intelligen­ti più degli altri. Fatica non improba. Rappresent­anti davvero della terra che come nessuno ha saputo reagire al terremoto, turbo Motor valley che sa tramutare in valore politico gli arrivi dei capitali e delle idee tedesche, da Ducati a Lamborghin­i, degli americani di Philip Morris, le aziende che comprano nel mondo. Tutto questo avviene perché il territorio è talmente competitiv­o nonostante la politica? O grazie anche alle capacità della politica? La scommessa è tutta qua. Per vincerla intanto bisogna realizzare innovazion­e, snelliment­o burocratic­o, programmaz­ione a lungo respiro in questa terra dove ogni opera ci mette decenni a partire. Se parte.

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