EMILIA E PD, LE STRADE POSSIBILI
Andarsi a nascondere o ragionare davvero come (sic) Emilia rossa, senza correnti e schemi precotti. Il Pd dell’Emilia-Romagna non ha molte alternative dopo il voto di domenica. L’astensionismo alle regionali c’è stato dappertutto, ma inferiore a quello dell’anno scorso nell’ex terra rossa. Il Pd emiliano ha da arrossire, se non capisce che nel rimescolamento inevitabile nel partito nazionale ora può giocare le sue carte. Non c’è nessun rinnovamento nei candidati che hanno vinto domenica, vecchi notabili, le giovanotte di Renzi massacrate. E sull’astensionismo, se Stefano Bonaccini fosse stato a rischio, molta più gente sarebbe andata a votarlo da Piacenza a Rimini. Questi sono i punti di forza realistici che il Pd di queste parti deve portare a Roma. Un altro è il fatto che alla guida del partito non ci sono leader carismatici: Serracchiani, Guerrini, Lotti non valgono certo Renzi. Quindi c’è spazio nella ridefinizione dei vertici e della linea. Il Pd di questa regione ha due ministri importanti — Del Rio, Poletti oltre alla confindustriale Guidi — ma nessuno conta davvero nel partito. E nessuno è davvero il rappresentante dell’Emilia. I capi locali poi hanno continuato gli stessi costumi pre rottamazione e pre rinnovamento: soliti tran tran, tempi lunghi, correnti di cui nessuna persona normale capisce nulla, giochi tutti interni agli sgabuzzini della piccola politica. E la Lega avanza, fra paure e confusioni su immigrati e rom e odio per la politica che c’è.
Osi cambia, o l’EmiliaRomagna diventa definitivamente provincia dell’impero. I luoghi dell’azione sono il Pd nazionale, il Comitato delle Regioni e l’Associazione dei Comuni. Gli emilianoromagnoli — i segretari di partito, i sindaci, i vertici regionali — devono farsi paladini di innovazione, snellimento burocratico, rinnovamento della classe dirigente. Intelligenti più degli altri. Fatica non improba. Rappresentanti davvero della terra che come nessuno ha saputo reagire al terremoto, turbo Motor valley che sa tramutare in valore politico gli arrivi dei capitali e delle idee tedesche, da Ducati a Lamborghini, degli americani di Philip Morris, le aziende che comprano nel mondo. Tutto questo avviene perché il territorio è talmente competitivo nonostante la politica? O grazie anche alle capacità della politica? La scommessa è tutta qua. Per vincerla intanto bisogna realizzare innovazione, snellimento burocratico, programmazione a lungo respiro in questa terra dove ogni opera ci mette decenni a partire. Se parte.