Sofferenza indicibile, ma il Bologna è in finale
L’Avellino vince 2-3 ma è eliminato. Decisivi i gol di Acquafresca e Cacia, poi la traversa salva i rossoblù
Una sconfitta che vale una finale. Il Bologna perde 2-3 contro un Avellino mai domo, ma conquista un posto nell’ultimo atto dei playoff. In finale i rossoblù troveranno il Pescara che ha eliminato il Vicenza.
Che sofferenza però al Dall’Ara, dove gli irpini sono usciti tra gli applausi dopo una gara eroica. In vantaggio quasi subito sono stati ripresi dal gol di Acquafresca. L’Avellino ha trovato la forza di riportarsi in vantaggio, poi Cacia ha pareggiato. Il finale è stato al cardiopalma con il 3-2 dell’Avellino firmato da Kone e la traversa finale di Castaldo. Rossoblù avanti, dopo aver rischiato.
Sconfitti e vincenti. Il Bologna va in finale playoff e arriva a due passi dalla serie A. Si troverà davanti il Pescara che ha eliminato il Vicenza. Hanno rischiato e parecchio i rossoblù, battuti 2-3 da un Avellino che la qualificazione se l’era giocata con il ko interno e l’ha vista sfumare per un tiro sulla traversa di Castaldo all’ultimo giro d’orologio.
Il miracolo regala al Bologna il passaggio del turno, anche in virtù del miglior piazzamento in campionato. Una mano l’ha data il portiere Frattali, un vero doppiogiochista: fenomeno prima e sciagurato poi nel regalare a Cacia la palla del momentaneo 2-2, quella che ha raddrizzato il match.
È stata la partita delle rinascite, di Acquafresca su tutti, in gol dopo una vita e per un attimo di Cacia. Scioccamente polemico dopo la rete. La sconfitta non appanna la gioia, ma acuisce i timori. Esce frantumata dai dubbi la giovane difesa, si conferma da bollino rosso la condizione fisica. Il futuro si scriverà a breve e potrebbe essere dolcissimo, ma pure da incubo se non si cambierà registro.
Basta poco per capire che l’Avellino non è in gita, s’approccia piuttosto alla partita come un marine armato fino ai denti e deciso ad assediare la postazione rossoblù. A difendere il tesoretto del gol d’andata di Sansone c’è la meglio gioventù del Bologna, con i tre poco più che ventenni (Mbaye, Ferrari e Masina) e il greco Oikonomu con appena 23 primavere alle spalle. Con Gastaldello infortunato e Maietta non al meglio, il tecnico Rossi non aveva altra scelta, ma la linea verde si trasforma presto nel cimitero delle speranze. Il vecchio volpone di Zito accende in fretta il fuoco per sciogliere il muro di burro della retroguardia bolognese. In un amen i lupi avellinesi sbranano le giovani pecorelle rossoblù. Sulla prima rete il pasticcio lo avvia Mbaye e lo chiude Ferrari, spaventato dal ringhio di Trotta, lesto a sbattere in gol il cross di Zito.
Il calcio è il gioco del diavolo, spietato e cinico. È però pure quello delle favole e delle rivincite. Il Bologna trasecolato e smarrito è scosso dalla sorgente di Acquafresca, secca dal 6 dicembre (ultimo gol a Catania) e tornata a sgorgare e a dissetare i rossoblù nel deserto. Imbeccata da un filtrante di Krsticic, la punta fa zampillare, con un diagonale tirato con la stecca da biliardo, il pareggio. Non è lo stesso Acquafresca che meno di un mese si fece parare il rigore proprio dal portiere dell’Avellino, condannando i rossoblù ai playoff.
L’1-1 calma i 20 mila del Dall’Ara, il Bologna – fortunatamente — si agita e schiaffeggia l’Avellino con la violenza di chi le ha prese e ha una gran voglia di darle indietro. Una, due, tre palle gol e l’occasionissima di Acquafresca a schiantare di testa sul portiere il possibile e meritato raddoppio. Dopo aver servito il suo quarto centro stagionale, sarebbe stata troppa grazia per lo steward gentile dell’area di rigore.
La cortesia di non giustiziare il nemico lo rianima. Masina è un ragazzone ancora troppo morbido per sellare quel cavallo pazzo di Trotta: la girata in area della punta biancoverde è una fucilata al cuore rossoblù e vale l’1-2. Il colpo è mortale pure per Acquafresca che si infortuna.
Si ricomincia la ripresa con il poco amato Cacia in avanti e tanto scetticismo. È la giornata dei risvegli però e anche degli errori colossali. Il portiere dell’Avellino Frattali, il miglior in campo fin lì, svirgola un innocuo pallone. Cacia da 25 metri inventa un pallonetto lento lento ma veloce abbastanza da finire in rete e far riporre — per un attimo — la scatolina degli ansiolitici. Il bomber festeggia con un polemico giro di campo il 12° gol stagionale. Le sue ma- ni non vanno al cielo, ma a rivolgere allo stadio festante il gesto del «parlate troppo». Inutili sceneggiate, la cattiveria basta metterla in campo non in bocca, ma si sa i giocatori sono pagati per far gol, aspettarsi di più da menti difficilmente illuminate è sempre troppo.
Il pari non chiude il match. Rossi capisce e piazza dietro l’esperto Maietta e la difesa a tre. Non basta a tumulare l’Avellino spinto dalla forza fisica e dal gol degno di una finale di Champions di Kone: un colpo al volo sotto l’incrocio con una girata alla Cristiano Ronaldo: 2-3. Non è l’ultimo atto, perché serve al traversa oltre la mano de Dios a bloccare il tiro di Castaldo e la furia degli irpini, cui va dato atto di aver giocato una partita eroica. Il Bologna perde, ma è in finale. Il Dall’Ara sportivo applaude a lungo: l’Avellino. E ora può sognare il ritorno in serie A.