Il manager e il segreto di Reggio «Tutto parte da un gran vivaio»
L’ad Dalla Salda svela la ricetta del successo: «Prima i giovani, poi i risultati»
Bologna, ma non solo. Se l’Emilia-Romagna continua a essere una regione guida per quanto riguarda il movimento del basket giovanile lo deve anche a Reggio Emilia, che da sempre investe tantissimo nel suo vivaio.
Alessandro Dalla Salda, ad di Pallacanestro Reggiana, siete rimasti una delle poche realtà che puntano forte sul settore giovanile. Perché?
«Per Reggio Emilia è una tradizione, ancor prima del nostro arrivo con l’ingresso a tempo pieno di Landi nel 2000. Poi, oltre a questo, c’è anche la politica societaria: si tratta di investimenti nell’ottica dell’approdo in prima squadra con conseguenti risparmi nell’ingaggio di giocatori che vengono da fuori. Non si possono investire da 10 anni oltre 400mila euro a stagione nel settore giovanile senza prevedere uno sbocco in prima squadra».
Siete una società che opera anche reclutamento all’estero: il lettone Strautins del ‘98 ha già esordito in A, il suo coetaneo estone Mitt è molto promettente.
«Fino al 2010 abbiamo lavorato sulla quantità, negli ultimi anni la nostra società si è posizionata in una fascia medio-alta in Serie A e costantemente in Europa. Molti giovani che reclutavamo pensando alla A2 oggi non ci interessano, ci stiamo concentrando più sulla qualità. Cerchiamo di individuare giocatori che quando arrivano a Reggio abbiano una chance di giocare da professionisti, per questo non guardiamo anche fuori dal nostro Paese».
La struttura, in questo caso, è importantissima?
«Ci investiamo tantissimo. Andrea Menozzi è il responsabile, poi abbiamo allenatori qualificati nazionali, un massaggiatore e un preparatore atletico a tempo pieno, un medico destinato all’attività giovanile, un team manager e alcuni collaboratori. In foresteria abbiamo due appartamenti che ospitano 7 ragazzi (3 italiani, un camerunese, un senegalese e i già citati Strautins e Mitt) con due persone fisse, una
cuoca e una donna delle pulizie, oltre a una professoressa che controlla la loro attività scolastica».
Risultati o sviluppo dei giocatori: qual è l’obiettivo?
«Formare giocatori, e soprattutto uomini, è l’obiettivo di una società professionistica. Abbiamo vinto solo due scudetti con squadre che avevano giocatori poi finiti in Nazionale o in Eurolega, ma nelle nostre squadre si vede un’impronta. L’idea di Menozzi è sviluppare i ragazzi nei ruoli che si ritiene possano essere i loro in un futuro ad alto livello, anche a costo di lasciare qualche vittoria sul piatto».
Oggi quali sono i principali problemi del lavoro sul settore giovanile?
«Se vedi il vivaio come un investimento sul futuro non ti peserà rinunciare a un po’ di soldi per la prima squadra. Il problema in Italia è il continuo cambio delle regole, bisogna sapere che gli investimenti possono essere vanificati da situazioni diverse rispetto a quando avevi cominciato l’attività con un ragazzo. Il settore giovanile comporta grande responsabilità: non vogliamo sostituire le famiglie ma ci vengono affidati i loro figli e abbiamo un forte senso di responsabilità sociale e civica».
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