Raddoppiano gli elettori stranieri Un «tesoretto» da diecimila voti
Rispetto alle Amministrative del 2011, gli stranieri con cittadinanza sono quasi raddoppiati
Il voto dei nuovi cittadini italiani per la prima volta potrà essere decisivo alle Amministrative.
Rispetto al 2011, gli stranieri divenuti nel frattempo cittadini italiani sono quasi raddoppiati. Ci sono poi i cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea con diritto di voto se iscritti in una lista ad hoc. Alla fine, quasi diecimila elettori da conquistare per i partiti, con il Pd in testa.
Gli europei I cittadini di Stati membri dell’Ue iscritti nel 2011 alle liste elettorali erano 1.200
Il voto dei nuovi cittadini italiani per la prima volta potrà risultare decisivo per l’esito delle Amministrative della prossima primavera in città.
Parliamo di una fetta potenziale di preferenze pari al 2,5% su un corpo elettorale di 300.000 votanti circa (tanti furono nella chiamate alle urne di cinque anni fa). Nel 2011, quando Virginio Merola si impose come il nuovo sindaco di Bologna al primo turno, gli stranieri divenuti nel frattempo cittadini italiani erano superiori ai 4.000 (3.958 al 31 dicembre del 2010 e 4.379 alla stessa data dell’anno successivo). Tanti, se si pensa che solo due anni prima nella sfida tra Flavio Delbono e Alfredo Cazzola erano stati di poco superiori ai 3.000.
Questa volta saranno quasi il doppio. Gli uffici statistici di Palazzo d’Accursio hanno calcolato alla fine del 2015 ben 7.534 nuovi italiani, in larghissima parte maggiorenni e quindi con diritto di voto. Vanno infatti esclusi quei casi in cui la cittadinanza arriva se il figlio nasce da padre o madre italiana, se nasce in Italia da genitori ignoti, se è un minore e ottiene il riconoscimento di paternità o maternità da un genitore italiano o, infine, se viene adottato.
«Ma il 90% di questi nuovi cittadini sono maggiorenni, in quanto hanno ottenuto il nuovo status attraverso il matrimonio con italiani o al raggiungimenti dei diciottesimo anno di età», spiega Pierluigi Bovini, capo del Dipartimento di statistica e programmazione del Comune. E quindi potranno anche loro votare per scegliere il prossimo sindaco di Bologna. Alcuni per la prima volta, altri lo hanno già fatto. Italiani per scelta (le donne sono, seppure di poco, in maggioranza), provenienti soprattutto dal Marocco, poi da Albania e Bangladesh. Un fenomeno divenuto rilevante nel nuovo millennio, in particolare a partire dal 2008 (con 436 naturalizzati nell’anno), cresciuto progressivamente fino a registrare circa 1.200 residenti divenuti italiani nel 2015, poco meno di un quinto di tutti i cittadini stranieri diventati italiani a Bologna.
Cifre che cresceranno sicuramente ancora negli anni a venire, con un trend esponenziale pari a quello visto in quest’ultimo decennio. Ma sono elettori che già a questo appuntamento con il voto potranno farsi sentire e magari, perché no, diventare anche l’ago della bilancia. Voti che difficilmente andranno alla Lega Nord (e quindi anche all’alleato Forza Italia, soprattutto se alla fine prevarrà come pare la candidatura della leghista Lucia Borgonzoni) che potrebbero essere forse in parte indirizzati verso il Movimento 5 Stelle (la cui posizione però sullo ius soli a livello nazionale non è chiara) e, soprattutto, al Pd.
Il sindaco Virginio Merola lo sa e lo sa anche il suo partito. Entrambi consapevoli, proiezioni alla mano, che il voto dei nuovi cittadini italiani potrebbe fare la differenza, soprattutto per evitare lo spauracchio del ballottaggio. A questi elettori andranno poi aggiunti quelli comunitari (residenti in città e cittadini di uno Stato membro dell’Unione Europea) che possono chiedere l’iscrizione nella lista elettorale fino a 40 giorni dal voto. A oggi questa possibilità è stata richiesta da molte meno persone rispetto a quanti ne avevano facoltà. Sempre nel 2011, i cittadini comunitari iscritti furono 1.122. Si trattava di 416 uomini e 706 donne, per la maggior parte di nazionalità romena (502) e polacca (108). Pochissimi se si considera che i comunitari residenti a Bologna erano 9.600 (6.200 i romeni, 1.700 i polacchi). Così come furono pochi i candidati stranieri al consiglio comunale: appena 14 sui 613 totali (quanti saranno questa volta si scoprirà soltanto quando saranno presentate tutte le liste).
In attesa che il Comune chiuda le registrazioni dei comunitari al voto, si possono solo fare alcune proiezioni guardando soprattutto la popolazione romena (quella polacca non presenta variazioni particolari) cresciuta dal 2011 al 2014 di 2.375 unità (sono diventati 8.575). Se cinque anni fa al voto ci andò meno del 10% dei romeni che ne avevano diritto, questa volta potrebbero aggirarsi attorno a quota 800.
«L’aumento c’è stato, ma questo è un numero impossibile da prevedere — avverte però Bovini —, perché legato a scelte individuali » . Se il trend dovesse restare quello del 2011, è ragionevole pensare che la quota dei comunitari al voto possa arrivare a 2.000 richiedenti. Cifra che, sommata ai nuovi italiani, significa quasi diecimila voti, in parte nuovi, ma soprattutto ancora tutti da conquistare.