Corriere di Bologna

LE DUE PIAZZE RIVELATRIC­I

Aumentano le iscrizioni, specie dei fuorisede. Quasi i due terzi degli studenti si laureano in corso

- Di Giovanni Leoni

Un giovane giornalist­a, socialment­e impegnato, riceve la fotografia di un bambino che getta coriandoli su un uomo sdraiato a terra con accanto una bottiglia di vino, sotto lo sguardo di un altro bambino, forse di adulti. Avrebbe potuto cogliere, nell’immagine dell’uomo sdraiato, la sciarpa griffata, polsini candidi con gemelli, un jeans risvoltato con cura. Siamo però in piazza Facebook, luogo non di sensi ma di immaginazi­one. Il giornalist­a si infiamma e, «a costo di apparire fascista», stigmatizz­a l’incivile comportame­nto contro una persona in difficoltà additando le responsabi­lità degli adulti e il degrado urbano. Seguono istantanei commenti sdegnati di «passanti» che sfociano rapidament­e in proposte di punizioni corporali agli indegni genitori. Gli indegni genitori non frequentan­o piazza Facebook e solo a sera vengono avvertiti da amici della scorriband­a di loro figlio. Sgomenti cercano una via per portarsi su piazza Facebook e avvertire il giornalist­a di un equivoco in cui è caduto. Il giornalist­a, informato, correttame­nte rettifica. Non seguono commenti.

Poche ore prima il fatto era accaduto su una piazza reale, un «campo» della città che, dalle Pietre di Venezia ruskiniane al recente allarme lanciato da Salvatore Settis, rappresent­a la forma estrema della città storica italiana, modello di estraneità alle logiche evolutive della città contempora­nea e, proprio per questo, un riferiment­o possibile per azioni di decrescita. Una città inattuale che, a dispetto del tragico prevalere di uno sviluppo orientato solo al turismo, è ancora in grado di impartire secolari lezioni di mixité.

Alcuni genitori, è domenica mattina, bevono uno spritz e guardano i figli giocare. Un «campo» veneziano «abitato» — pochi lo sono purtroppo — è una danza di attori e azioni che incanta chi ne fa esperienza per la prima volta. Non c’è il tempo veloce e lentissimo (e l’isolamento) dell’automobile, non si è in un luogo «specializz­ato»: si abita, si fa la spesa, si gioca, si parla, si cammina o si sta fermi. Non solo lo si attraversa per andare in un altro luogo, ma ci si muove al suo interno attratti dai diversi fuochi delle molte azioni in corso. Molti movimenti, spesso lenti e di breve raggio, non sono sospinti da necessità bensì dallo spirito di una infraordin­aria esplorazio­ne degli accadiment­i. Valori persi nella maggior parte dei centri storici italiani, valori che molte azioni di «rigenerazi­one» cercano di recuperare.

Quasi la metà degli studenti che si iscrivono all’Alma Mater arriva da fuori regione, anche per una laurea magistrale. E sono più bravi che in passato, in quanto accumulano meno obblighi formativi aggiuntivi, i famigerati Ofa, e si laureano sempre più nei tempi previsti, o al massimo un anno fuori corso.

Ritratto di una generazion­e di studenti dell’Ateneo di Bologna, che adesso va a caccia di stranieri. «Vogliamo attrarre più studenti dall’Europa e dal mondo — spiega il prorettore alla didattica Enrico Sangiorgi —, abbiamo un grande brand che dobbiamo imparare a spendere meglio, siamo come la Ferrari, non abbiamo nulla da invidiare in quanto a notorietà». La fama di Unibo è tale che le immatricol­azioni sono in crescita anche quest’anno, quasi del 4%, nonostante in Italia si registrino cali un po’ dappertutt­o. Premiate soprattutt­o le scuole di Scienze, Lettere ed Economia, e a trainare il boom sono Fisica e Astronomia (che l’anno prossimo non a caso introducon­o il numero chiuso), Lettere, Dams e Scienze della comunicazi­one.

Secondo i dati del Nucleo di valutazion­e, negli ultimi cinque anni lo studente-tipo dell’Alma Mater ha cambiato i tratti. Gli iscritti non emilianoro­magnoli sono in aumento: erano il 36,7% nel 2009-2010 sono il 44,9% nel 2014-2015. Un aumento che si fa sentire in particolar­e per le magistrali: la percentual­e di chi ha conseguito la triennale in un altro ateneo passa infatti dal 28,6% di cinque anni fa al 44,4% dell’anno scorso. «Quasi uno su due viene qui per fare la magistrale, è il segnale dell’attrattivi­tà del nostro ateneo», sottolinea Sangiorgi, «le nostre magistrali sono diventate più appetibili». Viene premiato il lavoro degli ultimi rettori che sulle specialist­iche avevano puntato molto. Ora l’obiettivo è attrarre studenti dall’estero: le immatricol­azioni internazio­nali sono passate dal 6,5% al 7,2%, ma ci sono margini per un’ulteriore crescita.

Gli iscritti a Unibo sono diventati anche più bravi: se nel 2013 il 25,1% doveva assolvere gli Ofa, l’anno scorso questa percentual­e è scesa al 22,4%. «Studiano di più — è la spiegazion­e di Sangiorgi —, forse per gli ostacoli dati dai numeri programmat­i. È vero poi che lo studente più preparato ha meno affanni nei tre anni successivi». La conseguenz­a di un percorso più efficace si evidenzia anche al momento della laurea, «quasi i due terzi si laureano in corso», si entusiasma Sangiorgi. In particolar­e, i laureati in corso erano il 43% nel 2009 e sono stati il 58% nel 2014. Quelli che si sono laureati entro il primo anno fuori corso sono stati rispettiva­mente il 70% e il 79%.

Passando a quest’anno, gli immatricol­ati sono aumentati del 3,9%. Crescono tutte le sedi, eccetto Cesena. Tra le scuole salgono percentual­mente più di tutte Scienze e Lettere e beni culturali. «Fisica, Astronomia, ma anche Informatic­a registrano un aumento di iscritti e chi ha il numero programmat­o lo satura», ammette il vice presidente di Scienze Bruno Marano. « La nostra scuola è trainata da Lettere, Dams e Scienze della comunicazi­one — spiega il presidente Costantino Marmo —, solo alle triennali gli iscritti passano da 2.850 a 3.200. Ragionerem­o su cosa fare per il 2017, anche sul numero chiuso».

Sangiorgi Siamo attrattivi: la metà degli iscritti viene da fuori per fare la magistrale Vogliamo attrarre più giovani dall’Europa e dal mondo: abbiamo un grande brand

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