TUTTI I FANTASMI DI VIA MICHELINO
Regione e Comune hanno deciso di investire dieci milioni senza nemmeno vedere il piano industriale di una società che nella sua storia non ha mai distribuito un euro di dividendo. È l’ultima mossa degli azionisti pubblici della Fiera di Bologna disperati di fronte all’ipotesi che Eima, il salone gigante delle macchine agricole, abbandoni via Michelino per Milano.
Sarebbe l’ennesima beffa dopo Saie 2 e Lineapelle. Comune e Regione sono stati più realisti del re: in viale Aldo Moro hanno deliberato una spesa di cinque milioni (per ora Palazzo d’Accursio ha fatto una promessa solenne) senza una stima dei costi dell’operazione. Ora, complice anche le resistenze dei privati ad allargare i cordoni della borsa, via Michelino rischia di tornare una società pubblica a tutti gli effetti. Un bel paradosso tanti anni dopo una italianissima privatizzazione. Nel 2016, in Emilia-Romagna, Regione e Comune detengono multitulity, società di trasporti, aeroporti, terme, le più svariate società di servizi e un numero pletorico di expò. Giusto per non dimenticarne nessuna: Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Bologna, Rimini, Parma, Forlì e Cesena. Il piano di Bonaccini, benedetto da Merola, prevede la creazione di una società unica. Di chiuderne qualcuna, manco a parlarne. Così, dicono loro, saremmo in grado di battere i tedeschi. Sotto le Due Torri la strategia per evitare il disastro è allargare un quartiere desolatamente vuoto tutto l’anno per accontentare le legittime richieste di Eima e Cersaie, gli unici gioielli rimasti. L’escamotage di consegnare al numero uno del salone (biennale) delle macchine agricole una poltrona in cda non ha funzionato. La nuova offerta vale dieci milioni, una sorta di investimento ad personam. Del resto, il conflitto d’interesse in via Michelino è pratica diffusa. Gl Events da azionista ha trattato l’addio del Motor Show; Camst ne gestisce la ristorazione, l’Operosa pulizie e parcheggi. Tanto per citare i casi più evidenti. C’è poi chi ha utilizzato via Michelino per ottenere altre poltrone e nuovi vantaggi. Se l’aumento di capitale verrà sottoscritto solamente dai soci pubblici, la Fiera abbandonerà definitivamente la dimensione del mercato. Un’ultima annotazione. Prima delle dimissioni dei quattro revisori dei conti, il Corriere raccontò quelle di Vincenzo Piro, il fedelissimo di Campagnoli cui facevano capo Expo, Motor Show e una serie di altre responsabilità. Solo dopo l’assunzione sono emersi dubbi sulla sua presunta laurea in Ingegneria. Fiera, Comune e Regione non hanno avuto nulla da dire. Dopo due mesi è ancora al suo posto. Potrebbe anche diventare consulente del redivivo salone dell’auto. Già: mercato, concorrenza e trasparenza, quelle sconosciute.