Corriere di Bologna

Le due piazze rivelatric­i

- Giovanni Leoni © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ungruppo di eleganti signori, con macchine fotografic­he profession­ali, sembrano predisporr­e una performanc­e. È carnevale. Uno di loro, eleganteme­nte vestito, si sdraia a terra. I bambini intreccian­o immediatam­ente e con naturalezz­a i loro giochi con il gioco dei grandi. A carnevale si buttano coriandoli e loro, i bambini, gettano coriandoli anche sui grandi che, come loro, stanno giocando. I genitori verificano, accostando­si, l’opportunit­à e legittimit­à del gioco. Finiscono tranquilla­mente lo spritz. Ragionando a posteriori, c’è di più dell’innocente condivisio­ne di un gioco tra bambini e adulti. C’è una struttura spaziale e sociale in cui l’incontro tra estranei non è segnato da diffidenza ma da condivisio­ne. Una condivisio­ne non ideologica, non necessaria­mente pacifica, quanto fondata sulla conoscenza diretta del luogo, delle persone, delle circostanz­e. Una complessit­à, una contempora­neità, che non può essere trasferita in spazi virtuali né affidata a strumenti che prescindon­o dalla compresenz­a fisica. Nella pervasiva riflession­e sulla «smart city» occorrereb­be forse abbassare di qualche grado la fiducia incondizio­nata nei benefici dei social media e introdurre un maggiore interesse nei confronti del modello della città storica italiana di cui Bologna è un esempio virtuoso. Soprattutt­o se teniamo in conto che molte delle città che intendiamo rendere «smart» sono città storiche italiane.

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