VISIONI DI VERITÀ LA PIÈCE DI RAMBERT
Da domani va in scena «Prova» la nuova produzione Ert in prima nazionale Sul palco quattro attori che intrecciano le esistenze attraverso monologhi Il regista: «Vengo dalla filosofia, ridiscuto tutto, lavoro sul metalinguaggio»
Pascal Rambert è drammaturgo, regista e coreografo. Dirige a Parigi il teatro Tg2. Lo cono sc i amo da Cl ô tur e d e
l’amour, testo prodotto in italiano da Ert nel 2012, arrivato ormai a 150 repliche. All’Arena del Sole da domani a domenica va in scena in prima nazionale il suo nuovo lavoro, Prova, nella traduzione di Bruna Filippi.
I personaggi sono interpretati da Anna Della Rosa, Laura Marinoni, Luca Lazzareschi, Giovanni Franzoni. L’originale scrittura è definita «liquida» nel libro della pièce pubblicato da Cue Press. All’apparenza si tratta di quattro lunghi monologhi in successione, che mettono in gioco i rapporti, la realtà, la politica, i desideri, i fallimenti, la rappresentazione, tra gli elementi di un gruppo teatrale, in una ripetizione di errori, un’implosione delle esistenze.
«Invece — precisa Laura Marinoni — non sono per nulla monologhi. Quelle che possono sembrare parti separate sono un quartetto dall’inizio alla fine. Anche chi non parla è totalmente presente, in tempo reale, in stato di improvvisazione continua. Facciamo scaturire le nostre reazioni, emozioni, movimenti da ciò che accade». Aggiunge Luca Lazzareschi: «È uno spettacolo che richiede all’attore alte capacità di ascolto. Il silenzio diventa drammaturgia, in un gioco di specchi in cui i personaggi hanno i nomi di noi attori». Si cerca qualche verità attraverso la finzione.
Continua Marinoni: «Tutto, l’amore, il senso del gruppo, il teatro, diventa atto politico e filosofico; la vita privata si trasforma in vita pubblica; le visioni personali si intrecciano con la letteratura, con il teatro e con quel silenzio profondo dell’attore che deve dimenticare ogni sovrastruttura e stare lì, presente. Con un occhio al quinto personaggio, il pubblico, che nei silenzi si rispecchia». Anna Della Rosa aggiunge: «Si crea un legame fortissimo tra noi attori, che in scena esploderà». E Giovanni Franzoni: «Io intervengo per ultimo: è un piacere ascoltare gli altri, ma arrivo esausto per
ciò che ho accumulato».
Il regista-autore ricorda come l’edizione italiana sia tagliata rispetto a quella francese, vista al festival Vie; mutata, perché la lingua diversa influenza le reazioni dei corpi. «Uso una scrittura fuori dai canoni perché sento il bisogno di far esplodere la normalità. È una vita che lotto contro i codici teatrali. Vengo dalla filosofia, e ho imparato che bisogna ridiscutere sempre tutto. Cerco di lavorare sulla parola, sul metalinguaggio, ed è molto più difficile che riempire la scena con video, musiche a tutto volume, corpi nudi».