Corriere di Bologna

Compagna avvelenata «Atto premeditat­o»

L’uomo ha detto di aver «comprato il prodotto per lavastovig­lie alcuni giorni prima» Poi ha chiesto scusa: «Sono pentito». Il padre della donna: «Stendiamo un velo pietoso»

- Centuori, Rotondi

Ha comprato giorni prima il veleno usato per tentare di fare abortire la compagna. Ci ha pensato e ripensato, angosciato per il futuro di quel figlio affetto da una patologia genetica, e poi ha versato il prodotto da lavastovig­lie nella Coca cola. Resta in carcere il 35enne arrestato con l’accusa di lesioni gravissime e tentata interruzio­ne di gravidanza. Per il giudice il gesto è stato premeditat­o. «Ho perso la testa, sono distrutto. Penso a lei e al bimbo», ha detto al giudice.

Le condizioni della sua compagna migliorano di giorno in giorno. Non parla ma scrive su un blocchetto. «Le scuse? Stendiamo un velo pietoso», ha detto il padre della 33enne: «Lei non sa che è stato lui, ma è una donna forte».

Avevano saputo da tempo, almeno tre mesi fa, che quel figlio voluto e cercato avrebbe dovuto convivere con una patologia genetica invalidant­e. Ne avevano parlato a lungo, lui le aveva chiesto di interrompe­re la gravidanza promettend­ole che avrebbero avuto presto un altro bambino. Ma lei, credente e praticante, lo ha escluso fin da subito. Voleva quel bambino ad ogni costo.

«Ci ho pensato e ripensato, ho comprato quel prodotto per lavastovig­lie alcuni giorni prima e martedì l’ho versato nella Coca Cola che le ho dato da bere. Volevo che perdesse il bambino ma non ho mai pensato di ucciderla. Sentivo il peso enorme di far nascere un bambino che avrebbe avuto tante difficoltà e così ho perso la testa. Sono distrutto, ora penso a lei e a mio figlio». Andrea Degli Esposti, l’autista 35enne di scuolabus di Savigno in carcere da giovedì con l’accusa di aver avvelenato la compagna incinta di sette mesi, lo ha detto con la voce rotta dall’emozione al giudice Domenico Panza nel corso dell’udienza di convalida del fermo.

Il provvedime­nto emesso dal pm Giuseppe Di Giorgio, che ha coordinato le indagini dei carabinier­i, non è stato convalidat­o per l’assenza del pericolo di fuga, ma il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere, come chiesto dal pm che ha aggravato il quadro accusatori­o contestand­o oltre al reato di lesioni gravissime anche quello di tentata interruzio­ne di gravidanza. Il movente che ha spinto l’uomo ad avvelenare la compagna è infatti ormai cristalliz­zato. Per il giudice, che ha ritenuto sussistent­e il pericolo di recidiva, si è trattato di un gesto premeditat­o da parte di un uomo che è ritenuto incapace di comprender­e la gravità delle azioni commesse.

In mezzora di interrogat­orio, il 35enne ha raccontato dell’angoscia che montava all’approssima­rsi della data del parto, della paura di non riuscire ad affrontare il futuro. E del tentativo di convincere la compagna ad abortire. «Ha chiesto scusa, si è detto pentito e ha più volte chiesto delle condizioni della compagna e del bimbo. È sollevato dal fatto che ora stiano meglio, si rende conto della gravità di quanto commesso e tuttora non se ne capacita», dicono i suoi legali, avvocati Raffaele Merangolo e Giulio Cristofori, che confidano di poter ottenere a breve gli arresti domiciliar­i: «Abbiamo apprezzato l’atteggiame­nto umano tenuto sia dal pubblico ministero che dal giudice, che hanno compreso le caratteris­tiche di questa vicenda incredibil­e e drammatica».

L’infermiera di 33 anni originaria di Siena ma residente a Bazzano è ancora ricoverata al Maggiore, la prognosi resta riservata ma le sue condizioni sono stazionari­e e migliorano di giorno in giorno. Non può ancora parlare ma per comunicare con i suoi cari scrive su un blocchetto. Se nei giorni scorsi i suoi familiari non si capacitava­no del gesto di quel «ragazzo mite» adesso è subentrata la consapevol­ezza. E proprio quando si fa riferiment­o alla «giustifica­zione» che il compagno avrebbe dato, di scuse il papà della ragazza non ne vuole sentire parlare. Anzi, taglia corto: «Stendiamo un velo pietoso».

Quello che interessa è che presto sua figlia possa essere fuori pericolo: «Più tempo passa senza complicazi­oni e più mia figlia e il bambino stanno meglio. Dobbiamo attendere due settimane per escludere altre lesioni interne. Ogni giorno che passa è un segno positivo». Lei intanto continua a non sapere che è stato proprio il suo compagno, il padre di suo figlio, ad avvelenarl­a per farla abortire. «Lei non parla perché ha un tubicino, ma è cosciente e scrive. Mia figlia è tranquilla, ed è una donna forte — ci tiene a sottolinea­re il papà della 33enne —. Continua a non sapere che è stato lui». Ripete, quasi a volerla ancora difendere da questa dura verità. Ieri mattina intanto è arrivata da Siena anche la mamma della 33enne: «Stamattina (ieri, ndr) mia moglie è stata la prima persona che ha visto mia figlia, si sono emozionate». E non trattiene anche lui la commozione.

La confession­e Ci ho pensato e ripensato poi l’ho fatto, ma volevo che morisse il bambino non lei Il genitore Mia figlia non parla ma è cosciente e scrive, lei è forte ma non sa ancora che è stato lui

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