La farmacia del 700 trasformata in museo
La trasformazione dello storico spazio di via San Felice della famiglia Toschi
Un piccolo museo, una grande iniziativa. Tutelare la bellezza può essere un’ottima medicina: deve aver pensato questo la famiglia Toschi, proprietaria di una delle farmacie più antiche di Bologna (il primato se lo contenderebbe con l’Alberani di via Farini), quando ha deciso di preservare, oggi e per sempre, il proprio storico spazio attivo in via san Felice già alla fine del 1700. Bene, quel primo nucleo di farmacia, che allora si chiamava spezieria e che negli ultimi anni era utilizzato come area per le prenotazioni del Cup, è stato ripensato dallo studio di architetti Diverserighe in un’ottica di conservazione storica in cui prevale il tema della memoria e trasformato in uno spazio esclusivamente museale e sempre visibile dal portico attraverso due vetrine illuminate giorno e notte.
La sala, tutta in legno di ciliegio, presenta il bancone con i suoi particolari cassetti, quindi le «librerie» dove trovano posto i vasi di ceramica Fink, poi la mobilia che arriva fino al liberty e infine una serie di oggetti che hanno resistito al tempo come l’armamentario utile per la somministrazione di cocaina o la famosa teriaca conservata nel suo vaso ovvero quel mitico medicamento ritenuto per secoli e secoli (fino a quando non venne vietato) l’unica e universale panacea di tutti i mali, una sorta di terapia vaccinale
Le preparazioni officinali della spezieria ottennero il brevetto della famiglia reale
che veniva preparata in pubblico, tra cerimonie, controlli e ritualità (a Bologna tutto ciò avveniva nel cortile dell’Archiginnasio), con sostanze ed elementi di ogni tipo il cui principale, fondamentalmente e non a caso, era l’oppio: bene, alla Toschi c’è ancora un vaso dell’epoca contenente questa materia nera e vischiosa perfettamente conservata (così come al Museo Civico Archeologico).
Spazio e storie a disposizione del pubblico: il Museo è infatti visitabile su prenotazione (in farmacia o sul sito di Prospectiva) con tanto di guida storico-artistica in grado di illustrare compiutamente arredi e oggetti (così come lettere, documenti dell’epoca e iscrizioni latine), il funzionamento del laboratorio galenico, le famose preparazioni officinali ad personam che consentirono così di avere il brevetto della Casa di Savoia, tant’è che si dice anche Real Toschi. E poi naturalmente anche la storia della farmacia ora (divenuta, museo a parte, molto grande) gestita dagli eredi Toschi — i fratelli Achille, Ilaria e la docente universitaria Tullia — proprietari del bene che la trisavola Geltrude Conti Toschi di Dozza (un’intraprendente donna ritrovatasi vedova) acquistò nel 1852 dal possidente del momento, tal Poggi, sebbene l’inizio vero e proprio di quei muri è databile attorno al 1750-1770 (data non certa), quando lo stabile era occupato dallo speziale Pietro Galli. Ebbene, le splendide ceramiche settecentesche di maiolica di Fink (con la pittura a ‘terzo fuoco’ e decorazioni “all’orientale”, con fiori e pagoda, e “alla rosa”, di gran moda in tutta Europa) presenti alla Toschi erano proprio di Galli.
Oggi nel piccolo grande museo Toschi si svolge anche un’attività culturale con appuntamenti serali (ore 21) e gratuiti su appuntamento (25 posti max) dove si trattano argomenti di cura e prevenzione: il 15 aprile e il 6 maggio gli ultimi due incentrati sul Florario ovvero discorsi d’arte letture ricette e rimedi. Il 24 maggio invece la vetrina sarà allestita con materiali medico sanitario della prima guerra mondiale legato alla croce rossa di proprietà di un collezionista. Tutte iniziative frutto di un’operazione di conservazione avviata autonomamente dai Toschi su un bene che è «bottega storica» ma non ancora tutelato dalla Soprintendenza delle Belle Arti e fuori dai percorsi turistici della città.